Archivio mensile:aprile 2008

Anime della nebbia (Parte 6 – Ricordi di un’impiccione)

Come aveva preannunciato al suo datore di lavoro, il giorno dopo il detective si dirige verso la stazione di polizia della città. Sono più o meno le 11 del mattino (lo so perchè mi sembra nel sogno di aver visto un orologio elettronico lungo la via che segna proprio quell’orario) e Peter Red percorre la strada. Però questa volta non indossa il tuo impermeabile e il suo cappello, ma un uniforme da polizia. E’ piuttosto "antiquata" ma è tenuta in ottimo stato. L’espressione del detective sembra piuttosto infastidita ogni volta che guarda i suoi abiti… quasi fossero ingombranti e "scottassero"… ma l’espressione si fa seria una volta raggiunto l’ingresso della stazione di polizia. Fa un profondo respiro, quindi si decide ad entrare.
 
*La stazione di polizia era sempre stato un posto attentamente studiato dal detective. Sia per il fatto che dentro la stazione risiedevano molti dei suoi ricordi giovanili, sia per il fatto che era un potenziale posto di raccolta informazioni. Ed avendo studiato il posto con attenzione, sapeva da sempre che l’addetto all’ingresso che lavorava a quell’ora, il poliziotto Finnegan, non era una persona eccessivamente dedita al suo lavoro. Bastava un distintivo da poliziotto per passare senza problemi* 
 
Infatti il poliziotto all’ingresso osserva distrattamente il distintivo che viene mostrato dal detective, e sbadigliando torna a farsi gli affari suoi. Superato l’ostacolo principale, Peter non può fare a meno di scuotere il capo piuttosto deluso… probabilmente rivolto al poliziotto tanto "integerrimo", quindi si ferma un attimo per fare un quadro generale dei presenti. A quanto pare, il detective ha scelto davvero un orario ideale: molte delle scrivanie sono piene di fogli, disordinate ma vuote forse per il fatto che il pranzo è vicino. O per altri motivi noti solo la detective. I poliziotti presenti non gli rivolgono la benchè minima attenzione, quindi il detective prende un lungo corridoio sulla destra, in fondo al quale c’è una porta chiusa. Una volta raggiunta la porta, Peter la apre lentamente e una volta entrato subito la richiude. Una stanza enorme, come enormi sono gli schedari che la riempiono. Ogni schedario contiene innumerevoli fogli e scatoloni. Finalmente è entrato in archivio. Deve essere un posto piuttosto considerato dal detective, perchè nonostante la solita espressione seria i suoi occhi paiono piuttosto entusiasti. Infatti, si appoggia con le spalle alla porta e fa un profondo respiro.
 
A questo punto, compaiono come delle immagini sfocate agli occhi del detective. Immagini che si fanno sempre più nitide con il passare del tempo. Sono i suoi ricordi, almeno credo. Nel primo vede un giovane se stesso, con la stessa divisa che indossa adesso, che viene spinto dentro la stanza. Quasi lo sente girarsi piuttosto stizzito, mentre alzando il pugno n segno di sfida, minaccia "Ehi!! Quando divento una persona importante, ti faccio vedere io come si trattano le persone!!". Poi, l’immagine scompare e il giovane ricompare vicino ad uno degi tanti schedari, mentre li guarda con aria scettica: "Cosa mi hanno detto di trovare?" Si guarda un fogliettino che ha in mano "Caso Spencer – Tracy". Il giovane guarda dubbioso i vari reparti dello schedario, e trovandolo nel reparto più alto cerca di arrampicarsi. Il risultato è che lo schedario quasi gli casca addosso, e lui fa un pesante tonfo a terra. Ancora a terra, compare una giovane donna di spalle, ma vestita più o meno allo stesso modo del giovane Peter. "Adesso mi spieghi…" comincia mentre mette le mani sui fianchi "..perchè non hai preso la scala?" Il giovane Peter guarda sulla sua destra (probabilmente la scala è lì) poi risponde sicuro "E’ perchè non l’avevo vista. E comunque non sono mica gracilino come te!!" si rimette in piedi "Non mi sono fatto nulla." annuisce sincero, togliendosi la polvere dai pantaloni. Il Peter Red del presente si ritrova a sorridere nel vedere questi fantasmi del passato, quindi sposta lo sguardo verso una scrivania in lontananza e rivede di nuovo se stesso, mentre legge avidamente la pratica Spencer – Tracy. Ricompare di nuovo la giovane donna di prima, di cui ancora una volta non vede le fattezze, che gli dice "Hanno detto che la tua consultazione è finita… e poi si è fatto tardi. Non vorrai mica rimanere qui stasera?" Il giovane Peter alza lo sguardo verso la collega, e risponde "Si.. solo un attimo Mary Ann.. questo caso è molto interessante." sfoglia alcune pagine della pratica, continuando "Il detective Spencer ha risolto un caso molto difficile. Poi, il confronto con i criminali.. tono duro e deciso, sempre per convincere i suoi informatori del fatto di essere un uomo da temere… e reagire alla paura proprio facendo capire al proprio avversario di non averne… quest’uomo è un mito." annuisce convinto "Ecco, un giorno spero di diventare come lui."
 
A quelle parole, i ricordi scompaiono. Ma sulla scrivania in lontananza c’è davvero qualcuno, e se ne accorge proprio adesso. Per fortuna, il poliziotto che consulta qualcosa alla scrivania non sembra essersi accorto di lui. "Bene…" borbotta il detective sistemandosi la divisa ed il distintivo al petto e avviandosi verso di lui. A pochi passi dal giovane poliziotto, comincia "Hai fatto qualcosa di avventato, vero…" socchiude gli occhi per vedere meglio "..agente Brown?" L’agente solleva lo sguardo quasi di scatto, mettendosi sull’attenti "Signore!!" risponde piuttosto teso "Sono stato mandato in archivio per acculturarmi sulle tecniche applicate in passato per una corretta esercitazione… signore." Il detective scuote il capo "Non sono necessari eccessivi formalismi.. anche io sono stato punito in passato allo stesso modo." lo sguardo si fa più sereno "Sono stato mandato qui per consultare in archivio il caso del "Clan dei Sepenti"… sai per caso dove posso trovarlo?" Il giovane poliziotto sorride e prende dalla pila di casi da consultare una delle cartelle che offre al detective "Eccolo. L’ispettore mi ha detto di consultarlo per ultimo, in quanto più istruttivo di tutti." C’è un accenno di orgoglio nello sguardo del detective, ma subito riprende "Grazie, tu continua pure il tuo lavoro." Così, mentre il poliziotto riprende la sua consultazione, Peter prende dalla tasca una piccola macchina fotografica e comincia a fare foto alle pagine (non può portare il fascicolo fuori dalla stazione). Ma è così assorto che non si accorge che dopo pochi minuti è entrata un’altra persona. Si accorge del fatto che il givane poliziotto si rimette sull’attenti… e sente una voce familiare che dice "Puoi andare agente Brown.. continuerai do…" interrompendosi. In quei secondi di silenzio il detective mette la macchina fotografica nel taschino e si volta… e davanti ai suoi occhi compare l’ispettore… e a giudicare dall’espressione del detective, una figura che non voleva incontrare. La giovane donna dei suoi ricordi compare davanti ai suoi occhi. "Ispettore Beagle." si mette sull’attenti il detective. "Detective Red.. cosa sta facendo qui dentro?" Il detective risponde subito "Stavo consultando il fascicolo che mi aveva chiesto." L’ispettore subito si porta accanto al detective, guardando con i suoi occhi il fascicolo "Grazie…" chiude il fascicolo e lo prende con sè "… adesso ci penso io." annuisce con aria seria. Intanto il giovane poliziotto esce dalla stanza e chiude la porta lasciando i due soli. La donna subito lo assalta "Si può sapere che cavolo stai facendo qui, Peter?? Non sei più un poliziotto, non puoi entrare e fare come ti pare!!" lo fissa con sguardo piuttosto incollerito "E poi.. perchè ancora questo caso?" lo sguardo di lei si fa leggermente triste "Perchè.. vuoi continuare a tormentarti?" Peter Red non a distolto lo sguardo dalla donna nemmeno per un attimo.. anche se nel sogno ho avuto l’impressione che stesse per vacillare. Quindi risponde "Ispettore Beagle…" tono freddo il suo "…sto seguendo una traccia che potrebbe riguardare questo vecchio caso. Quindi.. se deve arrestarmi sbrigatevi." L’ispettore lo osserva nuovamente con sguardo arrabbiato, ma sembra non sapere cosa fare. Lo sguardo passa dagli occhi del detective al fascicolo, poi alla porta della stanza.. quindi di nuovo al detective. "Sparisci di qui, immediatamente. Fatti trovare al bar di fronte stasera verso le 10 di stasera… vedrò se riesco a portarti le fotocopie di quello che stavi cercando." IL detective lentamente si dirige verso la porta, e una volta rggiunta dice, dando le spalle alla donna "Non so se riuscirò ad esserci." ricevendo come risposta un enigmatico "Se devo arrivare a minacciarti di arresto per avere la certezza della tua presenza…" Il detective esce e subito si dirige verso l’uscita. A quanto pare, tutti i poliziotti stanno rientrando alla stazione, ma la sua uscita avviene senza problemi. Una volta fuori, si volta di nuovo verso la stazione di polizia. Il detective si morde il labbro inferiore, evidentemente nervoso. "Forse non dovrei.. crede davvero di potermi minacciare…" si dice piuttosto incerto e debole (è la prima volta nel sogno che lo vedo così). Comunque, non si dirige verso il bar di fronte alla stazione, ma sembra prendere un’altra strada.
 
Alla prossima!

Anime della nebbia (Parte 5 – il Leone e gatte maltrattate)

Le immagini tornano di nuovo sul nuovo ufficio del detective. L’ambiante è indubbiamente migliore di quello che vi ho descritto nella prima parte del sogno: sull’attaccapanni all’ingresso c’è l’impermeabile e il cappello, il pavimento è pulito, accanto al divano color miele il cestino della carta vuoto, le finestre semi aperte che permettono al vento di far muovere delle tendine bianche a pois rossi, la scrivania in ordine (fogli ben impaginati ad un angolo, il telefono inattivo, una spillatrice proprio sotto il telefono)…  e una bottiglia di whisky ancora sigillata, che sembra quasi troneggiare al centro della scrivania. Del detective, nemmeno la minima traccia. C’è un certo silenzio nel posto. Poi, quasi all’improvviso, il telefono squilla. Continua per un minuto, senza nessuno che risponda. Si sente un "click", quindi parte la voce femminile della segreteria telefonica: "Risponde la segreteria telefonica di Peter Red. Lasciate un messaggio dopo il segnale acustico. BEEEP". Dopo pochi secondi, la persona che ha chiamato risponde: "Signor Red, sono il maggiordomo del signor Hemingway. Il mio padrone ha vivamente richiesto la sua presenza alla sua villa, per avere aggiornamenti sull’indagine in corso. La preghiamo di raggiungerci il prima possibile.". Detto questo, si interrompe il messaggio. Proprio dopo il messaggio, si sente un forte sbuffare. Quasi dal nulla, emerge dal divano il detective. Ha lo sguardo piuttosto assonnato e i suoi movimenti sono piuttosto impacciati. Si stropiccia gli occhi, dirigendosi verso il telefono e premendo un pulsante per eliminare il messaggio appena sentito dalla segreteria. Senza dir nulla, prende dall’ attaccapanni l’impermeabile e il cappello, sbuffando di nuovo. Controlla le tasche, tirando fuori per un attimo il pacchetto di sigarette, quindi torna alla scrivania e mette la bottiglia di whisky nella tasca interna dell’impermeabile. Completata la sua vestizione, apre la porta…. nonostante qualche nuvola sparsa, la luce del Sole lo acceca per un attimo, costringendolo a coprisi gli occhi con una mano. Quindi, una volta fuori, chiude a chiave la porta e si incammina verso la strada.  
 
Ed ecco di nuovo il detective nella sala del precedente incontro con il suo datore di lavoro. E come la precedente volta, all’inizio è solo nella sala. Come la volta prima, prende dalla tasca l’accendino e una sigaretta, e mentre attende comincia a fumare. Naturalmente tossisce, anche piuttosto violentemente, ma non per questo smette.. anzi fuma aspirando ancora più di prima. L’autotortura finisce non appena sente la porta d’ingresso della stanza aprirsi… rapido spegne la sigaretta sulla manica del suo impermeabile, per poi girarsi. E’ proprio il signor Hemingway che è entrato… e a giudicare dall’espressione irritata che si vede sul viso qualche secondo dopo il suo ingresso, si è accorto che il detective ha fumato. Si dirige verso la sua scrivania, sedendosi e comiciando "Bene, signor Red… vedo che ha sentito il messaggio che le ho mandato." annuisce, per poi sistemarsi meglio sulla sedia. "Veniamo subito al sodo, no?" Il detective si limita a guardarlo, senza fare il minimo cenno di assenso. "L’ho chiamata per sapere se sta facendo o meno il suo lavoro. Vede…" Allunga la mano sinistra, quella con dorso bruciacchiato, verso una specie di antistess a forma di palla che si trova sulla sua scrivania "… tutti gli altri detective mi aggiornano continuamente sui loro progressi. Tranne lei." solleva lo sguardo verso il detective, mantenendo un tono calmo e freddo. "Vorrei sapere come lei sta guadagnando i futuri soldi che dovrò darle." il detective non fa in tempo ad aprire bocca che il padrone di casa continua, mentre compare un leggero sorriso sul suo volto "Per sua fortuna, nessuno degli altri detective sembra avermi portato aggiornamenti di rilievo.. un eufemismo per dire che brancolano nel buio." socchiude gli occhi "Spero che lei sia riuscito a sapere qualcosa di più.". Il detective prima di rispondere dà un’occhiata all’esterno attraverso la finestra… il cielo è pieno di nuvole… quindi risponde, piuttosto lentamente "Dalle mie fonti, ho scoperto forse chi è stato a prenderle il rubino." Il signor HEmingway sembra interessarsi vivamente "Dietro tutto questo c’è un gruppo criminale chiamato Clan dei serpenti.. gruppo con cui ho avuto a che fare tempo fa. Ma ho bisogno di ulteriori conferme, e le andrò a cercare domani alla stazione di polizia, prima che qualcuna delle persone che sto cercando possa sapere che lo sto facendo. Forse conosco qualcuno che mi può aiutare." Detto questo, si interrompe. "Posso andare?" Il proprietario di casa annuisce apparentemente compiaciuto di quello che ha sentito "Certo, il mio maggiordomo la accompagnerà all’esterno.. e mi raccomando…" il detective che stava uscendo si gira "… venga ad informarmi ogni tanto.". Il detective neanche gli risponde, limitandosi ad uscire dalla stanza.
 
Le immagini ritornano nei pressi del suo ufficio. Sta piovendo, ma il detective sembra procedere come se niente fosse. Raggiunto il cancello d’ingresso, proprio davanti alla casa della signorina Peach, cerca in tasca le chiavi che gli sono state date… ma si interrompe, sentendo proprio dall’interno della casa delle urla maschili piuttosto irate e rumore di oggetti che cadono a terra. La porta si apre e come una furia esce dalla casa un uomo piuttosto alto e muscoloso, con indosso una maglietta color rosso, una giacca nera e dei blue jeans. "Sei la solita testarda… ma ti farò cambiare idea!!" urla quest’uomo verso la padrona di casa che piangendo si limita ad osservarlo con sguardo vuoto. L’uomo si avvicina verso il cancello, aprendolo e scontrandosi leggermente con il detective che è rimasto lì ad osservare la scena. "Spostati, coglione!!" gli dice correndo verso la macchina nera parcheggiata lì vicino. Peter senza dire nulla e con lo sguardo impassibile di sempre osserva la macchina sgommare via, quindi torna con lo sguardo ad osservare la casa della sua padrona di casa. La signorina Peach è ancora all’ingresso, che piange copiosamente. Ma il detective vede comparire da dietro i due gatti, che cominciano a strusciarsi vicino ai piedi della padrone. Poi, qualche secondo dopo, compare la piccola Thea. All’inizio si avvicina alla madre piuttosto spaventata e con la mano destra nascosta dietro la schiena… quindi si sforza di sorridere e mostra alla madre il foglio che nascondeva dietro la schiena "Tieni mamma, guarda che ti ho fatto!!" Miss Peach prende il disegno che gli viene fatto vedere… e sorride, dapprima debolmente "Ti piace?" domanda speranzosa la piccolina "Non piangere mami…" e gli occhietti di Thea sembrano socchiudersi, quasi stesse per piangere. "No, piccola mia, no…" la signora Peach prende la figlia tra le braccia "E’ un disegno bellissimo, grazie.. e ormai è tutto passato…" quindi chiude la porta, impedendo al detective di continuare a vedere e sentire. L’espressione di Peter si fa seria, il respiro più lento, lo sguardo verso il basso.. quasi stesse pensando a qualcosa… quindi finalmente apre il cancello, entra e si dirige verso la sua "casa".
 
Alla prossima!!

Anime della nebbia (parte 4 – Camminare con i topi)

 
Passa qualche giorno (non mi chiedete il motivo, nel mio sogno ne ho la certezza) durante i quali il detective visita diversi punti della città, parla con diverse persone e dà una controllata al porto. A quanto pare non ottiene alcuna informazione, perchè in una brevissima scena lo vedo seduto alla scrivania e sfogliare sempre più nervosamente alcuni fogli, per poi gettarli via per la stanza con gesto stizzito. Lo vedo quasi rassegnato, mentre borbotta "Non mi rimane che chiedere a lui…".
 
Eccolo, con indosso i suoi soliti vestiti, camminare lungo una strada quasi deserta. E’ notte fonda, oltre ai passi del protagonista si sentono gatti furiosi, bidoni di immondizia che cadono a terra facendo parecchio rumore e le seguenti bestemmie di barboni che si sono svegliati. Il detective si infila in un vicolo buio, lo segue fino in fondo. Arrivato ad un vicolo cieco, va verso una specie di porta arruginita sulla sua destra, che apre a fatica con una chiave altrettanto arruginita. C’è un corridoio, e una volta dentro chiude la porta dietro di sè e lo segue fino in fondo. Altra porta, che apre di nuovo ma con un’altra chiave, quindi si ritrova di nuovo in un vicolo. Cammina per altri 5 minuti e finalmente in lontananza vede una specie di bar: "La tana dei topi"
 
*Il bar che ha di fronte teoricamente non esiste. Come d’altronde non esiste il passaggio che ha usato per arrivarci. Eppure è un posto piuttosto frequentato. I migliori (o peggiori, dipende dai punti di vista) criminali della città lo frequentano assiduamente, sia per l’ottima scelta di liquori sia per la ben nota bellezza delle cameriere che servono ai tavoli e che lavorano dietro il bancone. Ma il vero motivo è un’altro: il proprietario del locale, il leggendario "Black Jack"… che è anche la persona che avrebbe potuto aiutare il detective*
 
Peter raggiunge l’ingresso del bar, dove due enormi buttafuori lo fermano immediatamente. "Non accettiamo i pezzenti qui dentro, sparisci." ruggisce uno dei due. IL detective si toglie il cappello lentamente e fissa quello che ha parlato "Vuoi ripetere?" risponde con tono irritato. L’altro buttafuori guarda il detective per qualche secondo, poi mette una mano sulla spalla del collega e gli dice "Il capo dice che lui può passare." poi si sposta in modo tale da lasciare libero l’ingresso "Buon divertimento, signor Red". Un cenno del capo da parte del detective, che si rimette il cappello e fa lentamente il suo ingresso. L’atmosfera è sempre la stessa: persone sedute ai tavoli in compagnia di splendide cameriere, alcool a fiumi, luci vagamente soffuse e la migliore musica d’atmosfera. Non gli importa nulla di tutto questo, infatti la sua attenzione viene portata verso una specie di urlo soffocato. Sposta lo sguardo a destra, e trova finalmente il proprietario del bar, intento ad "insegnare le buone maniere" ad uno dei clienti… che a quanto pare ha rivolto commenti fin troppo pesanti a sua figlia, che è dietro di lui. Il maleducato cerca di togliere la mano che stringe il suo braccio, ma per quanto si sforzi sembra inutile. Il detective si avvicina velocemente, fino a riuscire a sentire la conversazione tra i due. "Ma cosa…?! Lasciami, lasciami!!" cerca di liberarsi dando strattoni, ma la presa del proprietario è forte. "C’è qui mia figlia Marie che vuole sentire delle scuse da te, feccia… e che siano convincenti, altrimenti mi prendo il tuo braccio come ricordo." Il maleducato cerca di nuovo di allentare la presa, ma a giudicare dall’espressione terrorizzata sul suo viso proprio non ci riesce. Il detective scuote il capo… l’errore che fanno tutti quelli che vengono le prima volte in questo bar è il sottovalutare il suo proprietario. Di solito sono sempre giovani delinquenti. Ed effettivamente, a giudicare dalla prima apparenza "Black Jack" è un tipo piuttosto anonimo: corporatura nella media, stessa altezza del detective, nessun segno particolare sul viso o tatuaggi visibili, vestiti sobri e comodi. La figlia non ha preso decisamente da lui: lui è anonimo quanto lei è… luminosa. Una bellezza mozzafiato per la giovane età che ha. Praticamente tutti coloro che frequentano il bar sono attratti da questa visione dai lunghi capelli biondi, sguardo sbarazzino, e corpo perfetto nascosto solo da (pochi) vestiti seducenti. Il detective si trattiene qualche secondo nel pensare all’effettiva bellezza della ragazza, poi scuote il capo ed interviene. "Jack, quanto tempo." Il proprietario si gira verso il detective e sorride nell’osservarlo "Peter.. era da tanto che non passavi da queste parti." lascia la presa del braccio, quindi con sguardo cupo si rivolge al maleducato "Sparisci."… ordine che a quanto pare viene eseguito immediatamente. Quindi mette una mano sulla spalla al nuovo arrivato e lo spinge verso il bancone "Allora, cosa mi racconti di nuovo? Come mai sei qui?" gli domanda piuttosto cordiale.
 
A questo punto nel mio sogno parte una specie di flashback: Peter è più giovane, senza barba e con la divisa da poliziotto. Sta guardando delle foto insieme ad una collega, foto che riguardano dei morti che hanno come particolare una carta da gioco lasciata accanto a loro: un jack di picche. Poi l’immagine cambia ancora. Al vecchio ufficio di Peter (che nel flashback è pulito ed ordinato, ed anche Peter sembra essere sobrio ed elegante) entra Jack, con aria distrutta ed occhiaie evidenti. Gli chiede un aiuto sul rintracciare la figlia, che a quanto pare è stata rapita. Peter sembra piuttosto dubbioso sul dare una mano a una delle persone che ha cercato di catturare senza ruscirci.  Ma a quanto pare deve aver accettato il caso, perchè nell’ultima scena Peter nel suo ufficio osserva con un leggero sorriso Jack che abbraccia la figlia e li vede entrambi piangere.
 
Torniamo al presente. IL detective lascia passare qualche secondo, prima di e il motivo della sua visita. "Mi serve un’informazione, che solo tu puoi darmi". Osserva il silenzio il proprietario del bar che beve un drink che gli è stato passato senza dare il minimo accenno di reazione alla notizia. "Sono stato assunto per sapere qualcosa riguardo alla sparizione di un oggetto prezioso al porto." continua "Ho usato i miei soliti contatti, ma nessuno sa niente.. o meglio, nessuno VUOLE dirmi nulla." sorride ironico per un attimo "Nemmeno le minaccie funzionano. Non è che tu sai nulla?". Jack beve con calma il suo drink. "Molto buono, Sherry. Fammene un’altro." dice, e mentre la cameriera gli riempie di nuovo il bicchiere finalmente torna a guardare Peter, e gli domanda "Per caso è un rubino l’oggetto prezioso che è stato rubato? E.. per caso… la persona che ti ha assunto è il signor Hemingway, presidente della società che porta il suo cognome?" Peter si morde involontariamente il labbro inferiore. "Si, so qualcosa… e sai benissimo che in questa città la vita è sempre legata ad un’informazione." Svuota di nuovo il suo bicchiere, con il dorso della mano si asciuga le labbra e fissa il detective "Per questo ti dico: lascia perdere." Peter sembra prendere il "consiglio" quasi fosse un affronto personale. I suoi sono occhi "fiammeggianti" mentre replica: "Quando scoprirò che sei il mio vero padre… cosa che dubito… FORSE ti ascolterò." Batte la mano sul legno del bancone "Mi aiuti o no? Non farmi perdere tempo." Jack sostiene lo sguardo del detective, ricambiando con la stessa intensità… nel sogno ho l’impressione che entrambi stiano per arrivare alle mani, ma Marie, la figlia di Jack, interviene salvando la situazione: abbraccia da dietro il padre e gli dà un bacio sulla guancia. E il padre non può fare a meno di sciogliersi: ricompare il sorriso, quindi torna a guardare calmo il detective che osserva apparentemente indifferente la scena e comincia: "SE ti dico Clan dei serpenti ti viene in mente nulla?" Peter per un attimo spalanca gli occhi… forse si ricorda qualcosa… e sembra che Jack se ne sia accorto. "Si, ricordi. Bene, questo clan tutti sanno che è stato sgominato… se non ricordo male, 8 anni fa c’eri anche tu coinvolto nell’operazione." Il detective abbassa lo sguardo "Bene, i miei informatori hanno detto che hanno rinvenuto simboli di quel clan… simboli che non dovrebbero esistere. E non so altro… a quanto pare agiscono nella più completa copertura.." sorride "..sono davvero ammirevoli. E visto che non mi disturbano, non ho motivo di agire. Perchè non provi negli archivi della polizia? Tu non dovresti avere problemi." Il detective sembra rifletterci su, quindi gli domanda a bruciapelo "Quanto ti devo per l’informazione?" Jack risponde, con calma "Questo lo metto tra i favori che mi devi… anche perchè non avresti i soldi per pagarmi l’informazione che ti ho dato. Noi due andiamo avanti così, no?" Il detective risponde con cenno di assenso del capo, quindi si sistema meglio il cappello sulla testa e lentamente si avvia verso l’uscita del locale.
 
Mentre percorre il bar per raggiungere l’esterno, si ritrova a dare rapide occhiate ai presenti "Ralph 3 dita… Dirty Lucy… Franck Varone…" borbotta mentre le persone nominate, non appena si accorgono di lui sollevano il bicchiere per salutarlo. Peter scuote il capo, concedendosi un vago sorriso "E pensare che fino a poco tempo fa mi avrebbero salutato a fucilate…" poi torna serio ".. e io con un paio di manette." detto questo, ha raggiunto l’esterno e lentamente torna verso il suo nuovo ufficio.
 
L’ultima immagine del sogno riguarda una persona avvolta nell’ombra, che in qualche modo si trova giusto fuori dal bar. Non riesco a vedere nulla di questo personaggio, se non che ha tra le mani una specie di corda sottilissima con la quale "lega" la sua mano destra in modo quasi compulsivo. Non appena il detective sparisce riprendendo la strada che avevo preso in precedenza per arrivare lì, anche l’ombra si volatilizza nel buio. 
 
 
 
 

Anime della nebbia (parte 3 – Un pò di sole)

Vi ho lasciati con il prode detective che era stato appena sfrattato e si ritrovava sotto la pioggia con due scatoloni contenenti tutto quello che gli era rimasto. Il mio sogno continua con lui che cammina. La direzione è ignota, l’espressione sembra tra l’incazzato nero ed il pensoso. E il fatto che passeggi sotto la pioggia senza nemmeno accelerare il passo gli dà un curioso effetto criminale. Infatti, sono pochissime le persone lungo la strada e solo il detective sembra far finta che non piova. Mentre cammina, e contemporaneamente pensa a cosa fare, passa vicino ad un vicolo e sente dei rumori. Non può fare a meno di fermarsi. Aguzza l’udito… e sente, nonostante la pioggia scrosciante, dei passi affrettati, poi una sorta di mugulio soffocato e risate. Peter all’inizio volta il capo e fa per andarsene, ma non riesce a fare nemmeno un passo. Sbuffa rumorosamente "Maledizione…" si dice posando i due scatoloni all’inizio del vicolo, sistemandosi meglio cappello ed impermeabile ed entrando nel luogo scuro. I suoi passi sono particolarmente silenziosi, e pian piano riesce ad abituarsi al buio. Neanche 30 metri arriva in un vicolo cieco e vede questa scena: una donna, completamente bagnata dalla pioggia, è accerchiata da 3 uomini. Accanto a lei delle buste della spesa, una delle quali strappata e con scatole e barattoli tutti per terra. Uno dei 3 assalitori è dietro di lei, la tiene ferma e zitta mettendole una mano davanti alla bocca e minacciandola con un coltello. Le sta sussurrando qualcosa all’orecchio, ma il detective non riesce a sentire. La donna spalanca gli occhi terrorizzata, e tutti e tre scoppiano a ridere. Peter osserva tutti e tre gli assalitori, poi borbotta "Posso farcela.". Si guarda attorno, fermandosi su un tubo di ferro vicino a lui. Lentamente si china per raccoglierlo, e approfittando del buio e del rumore della pioggia che copre i suoi passi, si avvicina ai 3. Uno dei due lontani dalla donna si avvicina a lei, ridendo e tirando fuori dalla tasca un coltello a serramanico. L’occasione è ottima. Il detective si avvicina di spalle a quello rimasto da solo, solleva il tubo… e lo pianta con tutta la forza che ha sulla testa del criminale. CRiminale che non dice nemmeno una parola e che si affloscia come un pallone sgonfio per terra. Il suono dell’impatto fa girare gli altri due verso il detective, che lascia cadere il tubo a terra e dice, serio "Avete 3 secondi per andarvene." I due all’inizio mi guardano piuttosto sopresi, poi uno dei due urla qualcosa verso Peter e parte alla carica con il suo coltello. Il detective non si scompone, si mette in posizione "pugilistica" pronto ad accogliere l’aggressore. Infatti schiva in qualche modo un affondo, quindi risponde con destro a quanto pare piuttosto potente. Infatti l’aggressore cade a terra, ma non ha tempo di fare nulla perchè il suo braccio viene portato dietro la schiena e viene spinto, fino a che non si sente il rumore di qualcosa che si spezza. Peter alza lo sguardo verso l’ultimo rimasto, che tiene ancora in ostaggio la donna. Con calma quasi flemmatica si alza in piedi e mette una mano in tasca, ripetendo "Hai 3 secondi per andartene.". Dalla tasca emerge una pistola, che subito viene puntata verso il criminale. "Lasciala o sarò io a lasciarti qualcosa…un buco in fronte." Lo sguardo del detective è di ghiaccio, e fissa quello dell’ultimo criminale rimasto. Lo scambio di sguardi dura pochissimo. L’ultimo rimasto abbassa lo sguardo verso il complice, che è ancora a terra e si lamenta debolmente mentre il braccio è piegato in maniera innaturale, quindi lo riporta sul detective… lentamente abbandona la presa sulla donna, lascia cadere a terra il coltello e lentamente e con le mani alzate si sposta verso il detective. Naturalmente evita di andargli troppo vicino, e una volta abbastanza lontano scappa correndo via a più non posso.
La donna riprende a respirare di nuovo, prendendo ampie boccate d’aria e mettendosi una mano sul petto all’altezza del cuore. Peter invece borbotta "Mi ci vuole un goccetto…" aprendo l’impermeabile e prendendo una fiaschetta da una tasca interna. Apre il tappo e cerca di bere… ma si accorge che è finita. "bene… BENE!!" esclama scocciato, rimettendo la fiaschetta nella tasca interna. La donna nel frattempo si avvicina sorridente al suo salvatore, mormorando "Le devo la vita, mi stavano per…." Viene interrotto da Peter, che commenta "Peter Red, detective." si presenta "Non importa. Se non vi siete fatta nulla, va bene." Si accende una sigaretta, tossisce un paio di volte e continua "Evitate la prossima volta di fare una scemenza del genere… girare in questi posti da sola." La donna annuisce tremante ancora per lo shock. Il detective la osserva serio, quindi sbuffa "Andiamo.. la aiuto a portare le buste e se vuole la accompagno fino a casa." La donna abbasa lo sguardo verso il criminale che ancora soffre con il braccio rotto "e lui? Lo lascia qui.. così?" FRedda e secca la risposta "Si." La donna sembra arrabbiarsi e fissa il detective, dicendo "Non possiamo lasciarlo qui… è ridotto male." Peter abbasa lo sguardo verso il criminale "Pensate a quello che stavano per farvi… ha quello che si merita, e sono stato anche buono." La donna sembra quasi farsene una questione personale e replica "No! Lo portiamo all’ospedale!" Sta quasi per replicare… ma rinuncia sbuffando. Peter lo solleva, e se lo sistema sulla schiena. "Ringrazia la signora, teppista… e prega che non ti incontri più in giro." La donna raccoglie la spesa, il criminale mugugna qualcosa di incomprensibile e tutti e tre escono dal vicolo. Peccato, come si accorge subito il detective, che dei due scatoloni rimasti ne sia rimasto solo uno. Sguardo incazzato nero del detective verso il cielo, mentre sussurra "Perfetto."
 
Lascena si sposta poco dopo. Il detective, con lo scatolone rimasto, si trova con la donna davanti ad una casa piuttosto pittoresca con giardino e altra casetta più piccola a fianco. "Non so ancora come ringraziarla…" la donna sembra essersi tranquillizzata "Sono la signorina Elizabeth Peach … e mi permetta almeno di offrirle qualcosa." neanche permette all’interlocutore di ribattere che termina "Insisto." Un cenno del capo del detective, quindi entrambi entrano in casa. La prima cosa che pensa il detective, mentre entra e lascia sull’appendiabiti all’ingresso l’impremeabile e il cappello, è quella di trovarsi in una casa di bambole: le pareti che vedeva erano di colore azzurro, sui muri diversi quadri, raffiguranti paesaggi e una bambina dai capelli castani… soprattutto quest’ultimo soggetto, sui alcuni mobiletti delle foto della donna e della bambina raffigurata nei quadri. Nessuna foto maschile. Non appena la donna entra in casa, due felini lo vanno incontro miagolando: uno tutto nero, l’altro più piccolo tutto bianco. "Accomodatevi in cucina, vi raggiungo subito." Il detective annuisce e si siede su una sedia della cucina. E il gatto nero salta sul tavolo e si mette di fronte all’ospite, fissandolo attentamente. Il detective ricambia lo sguardo, ed entrambi rimangono a fissarsi per diverso tempo, con uno sguardo del tipo "E tu chi sei? Cosa vuoi da me?". Entra in cucina la signora Peach, che osserva la nostra "sfida mentale" e trattiene con una mano una risata. "Avete fatto conoscenza con Artesio, vedo". Il detective annuisce, mentre il gatto si volta verso la padrona e miagola. "Comunque… non so davvero come ringraziarvi. Una tazza di cioccolata calda?" continua la donna, offrendo al detective una tazza bollente. "Non credo…" il detective beve un sorso di cioccolata ".. devo trovare un nuovo appartamento." Il volto della donna si illumina "Allora un modo per ripagarvi c’è. Ho giusto messo in affitto la casetta vicino alla mia.. potreste prenderla voi." "Vi avverto che adesso non ho un soldo…" si affretta a chiarire il detective. Ma subito viene fermato "Il primo mese ve lo abbuono. E’ il minimo per quello che avete fatto." Mentre il detective riflette pensoso sull’offerta, dalla porta d’ingresso si sente un bussare e subito dopo una vocina "Mami!!" La donna sorride e si avvia verso la porta. Dopo averla aperta si sente un "Ciao mami!!" seguito da un ciao "Ciao piccola mia." e rumore di un bacio. Entrambe le donne tornano in cucine, così il detective ha l’occasione di vedere la piccola modella di molti dei quadri che ha visto in casa. Una bambina di all’incirca 5 anni con un grembiulino rosa. "Tesoro, lui è il signor Red e mi ha aiutato questa mattina. Fai la brava e salutalo." Subito la bambina sorride e facendo ciao ciao con la manina dice "Ciao signor Red!!" poi si guarda attorno, vede il gatto nero sul tavolo e allunga le mani verso di lui, sorridendo "Artes, vieni qua…". Il gatto salta giù dal tavolo e subito la bambina lo prende tra le braccia, sussurrando "Il mio gattino…" e facendogli le coccole. La bambina si allontana verso un’altra camera, quindi la signora Peach torna a guardare il detective "Lei è Thea, mia figlia… il mio tesoro." Peter annuisce, osservando quasi con curiosità l’espressione beata della donna nel pronunciare il nome della figlia.
 
Poi nel sogno tutto va a spezzoni: nel primo si vedono Red e la signorina Peach che chiacchierano (la donna più che altro), in un altro il detective che entra nella sua nuova abitazione e la scruta a fondo, nell’ultima il protagonista dorme beato su un divano.
 
Alla prossima!!

Anime della nebbia (Parte 2 – Nella tana del leone/2)

 
Eccomi qui a scrivere la fine della parte 2. Ho dovuto interromperla prima perchè avevo enormi casini a casa e non avevo pensato a salvarla su Word o su un block notes. ^^”
 
Poso l’accendino sul tavolo del signor Hemingway e continuo a fumare (tossisco sempre) mentre aspetto che mi venga chiarito il motivo per cui sono stato assunto. Il padrone di casa mi squadra di nuovo e mi ordina "Spenga immediatamente quella sigaretta… o la farò cacciare fuori." Io sospiro e spengo la sigaretta sulla manica del mio impermeabile (?!). COn una mano vengo inviato a sedermi, cosa che faccio poco dopo. Una volta entrambi comodi, comincia a parlare "L’ho assunta per trovare il rubino che mi è stato rubato 3 giorni fa.". Per un attimo rifletto a questa affermazione: nessun giornale che avevo letto aveva riportato la notizia, e il signor Hemingway era una persona importante. "E come mai nessuno lo ha mai saputo? Lei è un personaggio di spicco…". Non faccio in tempo a continuare che vengo subito interrotto frettolosamente "Il rubino non è arrivato da me in maniera legale." Un sorriso compare sul mio volto "E quindi non posso rivolgermi alla polizia… è un gioiello indiano." annuisco distrattamente, e questa volta sono io ad interromperlo "Chiaro, ma questo non spiega perchè si è rivolto a me." lo fisso "Penso si possa pagare detective migliori di me, molto più famosi…. e sicuramente più educati" Il signor Hemingway ricambia il mio sguardo e risponde, tranquillo "Naturalmente mi sono rivolto ad altri detective ed anche loro seguono il caso… uno di loro mi ha parlato di voi" Sbuffo leggermente mentre il padrone di casa prosegue con un cenno di divertimento "Mi è stato detto che siete una persona arrogante, insensibile e che fareste qualsiasi cosa per denaro. Ma anche che conoscete la città come nessuno e avete parecchi agganci". Apre uno dei cassetti della sua scrivania e prende dei fogli che comincia a leggere "Secondo i miei informatori, avete persino fatto partte della polizia cittadina." passa ad un’altro foglio "Siete stato anche voi un personaggio importante, prima del vostro improvviso ritiro." torna a guardarmi "I miei informatori non mi hanno saputo dire perchè…" Lo interrompo stizzito "Pagare un investigatore per sapere di un investigatore… che grosso spreco di tempo e denaro." Mi alzo in piedi "Se vi interessa il passato, posso anche andarmene. SE vi importa del presente… e del vostro rubino… mi dite dove si trovava l’ultima volta che lo avete visto, e quando e dove vi siete accorti che è stato rubato." Il padrone di casa annuisce e risponde "Tornava da una valutazione in una città vicina, e l’ultima volta che è stato visto dai miei assistenti è stato al porto, prima del ritorno qui." Annuisco pensieroso, quindi aggiungo "Bene. Adesso parliamo del compenso. I miei servigi costano 300 dollari al giorno più naturalmente le spese." Nel sogno penso che è una cifra 6 volte quella che chiedo di solito, ma so che non farà storie. Infatti così è… se non fosse che Hemingway afferma "Naturalmente verrà pagato alla fine del lavoro. O così o niente." Mentre penso che i soldi mi servono, annuisco serio con il capo. "Chiaro". Finita la conversazione, prendo l’accendino che avevo lasciato sulla scrivania e lo rimetto in tasca, quindi entra nella sala il maggiordomo di prima, che mi accompagna fuori.
 
Mentre sono per strada e torno verso il mio ufficio/casa, mi tornano in mente due insoliti particolari della chiacchierata di poco prima. Il signor Hemingway parecchie volte guardava di sfuggita il mio accendino, con lo sguardo di una persona che lo vuole; e ho notato che la pelle sul dorso della mano sinistra era come se fosse stata bruciata. Cose di poco conto, particolari da detective. Al mio ritorno in ufficio mi accoglie una spiacevole novità: ci sono due scatoloni all’ingresso del mio ufficio, sulla porta un cartello con su scritto "Sfratto" e la vecchia signora che mi aveva affittato l’appartamento che tra urli e maledizioni mi infoma "gentilmente" che ha venduto quasi tutto quello che avevo per pagare il mio affitto e che in quei due scatoloni c’è quello che non è riuscito a vendere. Prendo entrambi gli scatoloni ed esco all’esterno. "Che giornata di merda…" dico piuttosto arrabbiato. Quindi, una goccia. Poi un’altra. Poi un’acquazzone improvviso. "Ovvio." commento sistemandomi il cappello sulla testa e riprendendo a camminare.
 
Alla prossima!

The Eye

ATTENZIONE! Quello che sto per scrivere potrebbe svelare parte della trama del film! Se volete andarvelo a vedere NON LEGGETE IL SEGUITO!
 
Sidney (Jessica Alba) è una bellissima donna, a cui però purtroppo manca il dono della vista. Persa a 5 anni a causa di un incidente con dei petardi. Ma la vita scorre piuttosto serena: ciò che non può vedere lo può fare attraverso gli altri sensi, cioè l’udito, l’olfatto e il tatto, sviluppati in maniera prodigiosa (la scena del semaforo mi ha ricordato molto Daredevil ^^). Vive in un bellissimo appartamento, e in più è una bravissima violinista che sta per cominciare una serie di concerti con la sua orchestra. Insomma va tutto bene. La sorella di Sidney, forse per il fatto di essere stata in parte la causa della cecità della sorella, si sforza in tutti i modi di farle riavere la vista. E finalmente i suoi sforzi sembrano essere stati premiati. Infatti Sidney si fa un trapianto di cornee. L’intervento ha successo e naturalmente all’inizio vede tutto sfocato. E la vista sembra quasi voler togliere (come è giusto che sia) spazio a tutti gli altri sensi usati precedentemente. E’ per questo che il medico responsabile del trapianto suggerisce a Sidney una specialista che la aiuti a "ritornare alla normalità". Però la nostra protagonista comincia d avere qualche problema: nonostante la sua vista sfocata vede strani fantasmi scuri e persone che non sono realmente presenti. E scopre che queste persone che vede in realtà sono persone già morte… cosa che la manda comprensibilmente nel panico e che altrettanto comprensibilmente la fanno passare per pazza. Al che lei si fa questa domanda: di chi erano le cornee che mi sono state trapiantate?
 
Parto dal presupposto che sono piuttosto critico quando si tratta di horror, per il fatto che non mi fanno alcuna paura e che molte volte mi ritrovo a ridere su certe cose che fanno vedere. E aggiungete che il film (americano) è tratto da un’altro film (giapponese) e molte volte ciò che esce fuori è una specie di porcheria, dovuta al fatto che ciò che inquieta gli asiatici molte volte non inquieterebbe noi occidentali. Ma salvo il film. Non è un capolavoro, sia ben chiaro, ma ho apprezzato alcune cose. Jessica Alba si impegna moltissimo per dare credibilità al suo personaggio, la storia è stata costruita più o meno bene e l’effetto sfocatura che ha la vista della protagonista (almeno all’inizio) crea molta suspence. Certo, ci sono comunque scene assurde (vedi la bambina chiusa nel camper alla fine del film… per uscire doveva solo girare una manovella invece ha costretto uno dei personaggi a sfondare il vetro.. ^^”) ma il film non è da buttare.
 
Gli dò un 6+… che per un film horror e per il fatto che sia io a recensirlo non è male.
 
Alla prossima!!
 
 

Anime della nebbia (parte 2 – Nella tana del Leone)

Nota di sceneggiatura (bello scriverlo, in un certo senso ^^): ad un certo punto del sogno ho sentito persino una voce narrante. Quindi la segnerò anche nel mio resoconto, e la scriverò tra *…*.
 
*Ci vollero una bella dormita e tutto il resto della giornata per permettere all’investigatore di rimettersi in piedi e di fare chiarezza con le idee. Ok… ci vollero anche 3 tazze di caffè. Solo dopo riuscì a legegre il bigliettino che gli fu consegnato: Sir E. Hemingway, della società omonima. Un pezzo grosso, senza dubbio*
 
La scena cambia e mi ritrovo lunga una via piuttosto affollata. E’ una via piena di gioiellerie e banche, e tutte le persone che la percorrono sembrano essere gente di un certo livello. La mia figura si distingue per la totale estraneità dal contesto: Indosso un impermeabile piuttosto vecchio di color marrone chiaro, pantaloni dello stesso colore e un cappello ben calato in testa. In bocca una sigaretta, spenta. Mentre cammino, continuo a leggere il viglietto da visita che mi è stato consegnato (probabillmente) il giorno prima, e non mi accorgo ( o non faccio caso) che le persone cercano di passeggiare lontano da me. "Il signor Hemingway…" socchiudo gli occhi "… chissà di cosa si tratta." mormnora tra mè con espressione vagamente pensosa. La mia mano scivola lungo l’impermeabile, fermandosi lungo il fianco ad altezza bacino. Tocco qualcosa, molto probabilmente una pistola. Annuisco e mi affretto. La via segnata sul bigliettino è Evergreen 56. Percorro fino in fondo la via che sto seguendo, svolto l’angolo… e la prima cosa che vedo è questa specie di villa immensa, in stile vittoriano. Occupa praticamente tutta la mia visuale. Con lo stesso passo, raggiungo il cancello dove una guardia armata mi ferma immediatamente e quasi mi ordina "Nome e motivo della visita!". LO osservo piuttsosto scocciato ma rispondo "Peter Red. Il tuo capo mi ha detto di presentarmi da lui il prima possibile." Lo osservo in silenzio mentre prende la sua ricetrasmittente e borbotta qualcosa con qualcuno all’altro lato. Aspetto poco, perchè la guardia che mi blocca apre l’enorme cancello nero e mi intima di seguirlo. Non faccio storia, metto le mani in tasca e divento la sua ombra. Durante il tragitto prima di entrare mi guardo attorno, vedendo diversi giardinieri intenti a sistemare aiuole e cespugli. E soprattutto diverse telecamere, alcune visibili ed altre ben nascoste. Arrivato alla porta, la guardia mi lascia e torna alla sua precedente postazione. Entro e faccio qualche passo all’interno della casa…
 
*Una casa così Peter l’aveva vista soltanto nei suoi sogni da bambino. Apparentemente immmensa, pieni di oggetti di valore e mobili di antiquariato, trattati con la massima attenzione e cura. Ma, proprio essendo la rappresentazione di un suo vecchio sogno, ebbe l’effetto di provocargli un totale disprezzo*
 
Anche se lo disprezzo, la mia espressione rimane sempre la stessa: seria e indifferente. Faccio giusto qualche passo, ed immediatamente vengo raggiunto da un servitore, piuttosto anziano, in livrea. Con un portamente tale e quale al padrone ed una impeccabilità da sembrare finto. "Il signor Red?" mi domanda. Alzo la visiera del cappello per farmi vedere gli occhi "In persona." Il maggiordomo fa un cenno con il capo, movimento quasi impercettibile, e continua "Sir Hemingway vi aspetta nel suo studio. Vi prego di affrettarvi a raggiungerlo." mi indica una porta e mi precede. Raggiunta la porta, la apre e aspetta che io entri per prima. Una volta entrato, mi sipresenta davanti una stanza piena di scaffali con libri di ogni tipo, la maggior parte dei quali piuttosto antichi, quadri raffiguranti uomini in armatura e una bella scrivania in legno pregiato. Ma di colui che ha chiesto i miei servigi neanche l’ombra. Chiudono anche la porta alle mie spalle. Mi volto di scatto. Rimango interdetto e borbotto un "Hanno paura che scappi?" Naturalmente nessuno mi risponde. Cerco nella tasca dell’impermeabile l’accendino, lo trovo e mi accendo la sigaretta. Tossisco violentemente un apio di volte, e la mia attenzione viene attratta da una sorta di statua in pietra vicino alla scrivania. Raffigura un leone rampante, vicino alle zampe ha una bandiera e in testa ha una specie di corone. Ci sono scritte anche parole, probabilmente in latino, ma non faccio in tempo a aleggerle che una voce dal nulla afferma "Vedo che si è incuriosito osservando lo stemma della mia famiglia." mi volto, osservando il padrone di casa nonchè colui che mi ha ingaggiato comparso dal nulla. "Sono contento che sia venuto…" dice sorridendo quasi in maniera amabile.. in quel momento penso che mi ricorda mio nonno… e guardando la mia sigaretta accesa mi dice "La prego di spegnerla, qui ci sono oggetti di valore." Sbuffo, mi tolgo la sigaretta dalla bocca (tossendo altre 2 volte) e la spengo sul portacenere in marmo rosso che era intatto e pulitissimo sulla scrivania. Inutile che vi descriva la faccia abbastanza irritata del sir. Ma a me non sembra interessarmi e lo fisso. Lui comincia "Non mi sono presentato, scusatemi…" torna un sorriso sul suo viso "Sono sir Ernest Hemingway, del gruppo Hemingway."
 
*in quel momento l’investigatore penso che era lo stesso nome dello scrittore americano, ma non disse nulla nè fece gesti o espressioni particolari*
 
"Strano…" riprende il padrone di casa "… di solito tutti mi fanno notare che è lo stesso nome del famoso scrittore". Io replico, secco "Non è compito di noi detective avere una cultura storica, non le pare?". Il sir si sistema seduto dietro la scrivania e fa per riprendere, ma lo anticipo poggiando entrambe le mani sul legno "Ora, possiamo sbrigarci con le spiegazioni del caso?" A questo punto lui si infuria, si rimette in piedi e sibila, trattenendo a stento la rabbia "Come si permette di comportarsi in questo modo con me??" lo sguardo è furente, ma non abbasso il mio e replico "Questi atteggiamenti da padrone del mondo… cioè farmi attendere nella sua sala, fare entrate di scena a sorpresa e tutto il resto.. forse funzionano con la maggior parte delle persone con cui ha a che fare. Ma io non le sopporto nemmeno un pò" Anche il mio sguardo si fa aaggressivo "E anche il fatto che mi abbia detto di aver sentito in giro che sono uno dei migliori… beh, questa è buona solo per farsi due risate. E io non sto ridendo." Mi interrompo, prendo dalla tasca un’altra sigaretta e la accendo, tossendo di nuovo e spargendo fumo per la stanza. "Allora?" gli dico senza mezzi termini.
 
(Quanto è difficile cercare di essere dettagliati… ^^”)
 
Alla prossima!!

Anime della nebbia (parte 1 – Primo incontro)

Questo sogno è di due notti fa. Forse l’ho già detto da altre parti, ma sogno parecchio spesso. Molte volte i sogni sono incompleti, troppo oscuri oppure legati ad ambiti sessuali (^^”).. ma a volte capita che io riesca a fare sogni che sembrano film. COn i personaggi come attori e una certa trama. Il mio sogno ricordava molto un giallo stile anni 20, e inutile dire che il protagonista ero io. E tutti i personaggi che sono comparsi avevano l’aspetto "più adulto" di tutte le persone che conosco adesso.
 
Tutto comincia in un ufficio. Avete presente quei film americani sugli investigatori privati? Bene, era proprio uno studio del genere. Sulla porta all’esterno c’era scritto "Peter Red. Investigatore privato". Arriva dal corridoio un signore ben vestito, elegantissimo e con dei portamenti da aristocratico. Il posto è piuttosto decadente, e penso puzzi persino un pò, visto che il signore in questione si toglie un fazzoletto di seta dal taschino e se lo mette a coprire il naso.. Arriva alla porta e bussa un paio di volte. Nessuno risponde. Prova a ribussare, e dice "Signor Red!! E’ dentro?". Per qualche secondo nessuna risposta, e proprio prima che il signore fa per andarsene si sente dall’inetrno una specie di biascicare senza senso. Il signore scopre che la porta è aperta e fa il suo ingresso all’interno dell’ufficio. L’espressione ai liniti del disgusto fanno capire bene l’ambiente ancor prima di descriverlo: una scrivania piuttosto rovinata, con un posacenere pieno di mozziconi di sigaretta e diverse bottiglie vuote di liquore, alcune dritte alcune in orizzontale. Ci sono anche dei fogli, ma alcuni di questi sono bagnati dall’alcool uscito dalle bottiglie. Ma io non sono alla scrivania, infatti la sedia è vuota. Il signore sposta lo sguardo verso destra e vede, sdraiato su una poltrona a testa in giù e con in mano una bottiglia, una sorta di relitto umano con pantaloni color marroncino e una camicia piena di macchie di alcool e sudore. Il relitto.. sono io, o almeno è una mia immagine con una decina e più di anni. Barba incolta, sguardo vitreo che fissa il pavimento  parole senza senso che escono a stento dalla mia bocca. Il signore prende dalla tasca dei guanti, li indossa e mi rimette seduto, sempre sul divano. "Siete voi Peter Red, l’investigatore?" Io alzo lo sguardo in modo terribilmente lento, e lo osservo quasi non riuscissi a vederlo sebbene lo abbia davanti agli occhi. "Siiiiii…." piuttosto trascinata ed impastata la risposta "..s e siete del recupero crediti, sbrigatevi a fare quello che dovete ed andate via." lo sguardo si fa più fosco "Sono attualmente… molto impegnato.". Il signore annuisce "Vedo…" in tono quasi sarcastico, poi riprende "..comunque non sono del recupero crediti, ma ero venuto per offrirvi un lavoro.". Io intanto barcollando riesco a rimettermi in piedi, e lentamente mi dirigo verso una porta alla destra della scrivania, borbottando un "Continuate.. vi ascolto…". Io apro la porta e scompaio all’interno della stanza, e il signore prende una sedia, la pulisce con il fazzoletto e si siede. "Avrei un caso riguardante un furto.. di una cosa che mi sta molto cara… e vorrei la vostra consul…" si interrompe perchè dalla stanza dove sono entrato si sente un rumore di vomito. "Dicevo.." riprende dopo aver fatto una smorfia "… speravo nel vostro aiuto." Rimane in attesa, e nel mentre si sente lo scarico dell’acqua. Pochi secondi e riemergo dalla stanza di prima, ancora barcollante ma più in me di prima e domando "scusate… ma perchè io?" ridacchio sarcastico "La gente come voi non dovrebbe tener conto dell’apparenza?" spalanco le braccia "Le piace la mia magione?" e rido. Il signore non fa una piega. "Mi è stato detto che siete uno dei migliori nel vostro campo… e mi basta sapere questo." si alza in piedi, porgendomi un biglietto da visita. "CHiamatemi a questo numero o venite direttamente alla mia abitazione. Ne discuteremo meglio quando vi rimetterete in sesto." termina di parlare, tornado all’ingresso ed uscendo dalla porta. Una volta solo, leggo il biglietto che ho tra le mani. Indirizzo e numero che non mi dicono nulla. "Ho bisogno di una dormita…" borbotta mettendomi una mano sulla fronte e sdraiandomi di nuovo sul divano. Neanche 10 secondi e sto dormendo.
 
(Cavoli, ora che ci penso ci ho messo un sacco a descrivere una scena di si e no 2 minuti!! Va bene, la continuo la prossima volta. ^^”)
 
Alla prossima!!
 

Penultimi!!!

Ebbene si!!! Nel nostro torneo adesso siamo penultimi!!! (Almeno fino alla prossima partita dei precedenti penultimi, cioè domani… ma considerando che devono giocare contro una delle prime tre della classifica, penso che siamo noi i penultimi. ^_^)
 
Il pre-partita di ieri è stato piuttosto tranquillo. Eravamo tutti presenti, quindi nei nostri ranghi oltre ai soliti presenti quali me, Mauro, Daniele, Mirco e Fabio c’erano anche Giulio e Vincenzo. Diciamo che ero abbastanza preoccupato, ma per scaramanzia: quando sia Giulio che Vincenzo sono mancati la nostra squadra è riuscita a vincere. Con loro in campo, per un motivo o per un’altro, abbiamo collezionato solo sconfitte. ^^” Vincenzo poi veniva dal recupero di un lieve infortunio e lo stesso nostro portiere aveva un certo dolore ai piedi. C’era anche un fatto positivo: la squadra che dovevamo affrontare, l"Atletico ma non troppo", è stata la prima squadra che avevamo battuto con il risultato di 6 a 2. Naturalmente abbiamo pensato a… non pensare a nulla. A parte Giulio, che è l’unico che pensa ad un futuro Champions per la nostra squadra (cioè rientrare tra le prime 6), tutti siamo soprattutto concentrarti sulla partita.. e sulla volontà di non rimanere gli ultimi in classifica.
 
La formazione del Lloret de Mar, in maglia rosa e pantaloncini neri, parte con il classico ed intramontabile 2-2, con Mauro in porta, Daniele e Vincenzo reparto arretrato e Mirco e Fabio punte del notro attacco. Io e Giulio in panchina, e un sistema di sostituzioni che ci permetteva di far uscire un difensore e un attaccante, e mai due attaccanti insieme (cosa che in passato ci creò molti problemi). In panchina presenti come supporter la fidanzata di Daniele e quella di Mirco.
L’Atletico ma non troppo, in maglia a righe bianche e verdi e pantaloncini verdi, adotta lo stesso schema degli avversari ma a differenza di loro possiedono un solo cambio in panchina.
 
Comincia la partita e le squadre sembrano in perfetto equilibrio. Dopo dieci minuti però già si può notare il netto predominio della nostra. La squadra avversaria è al nostro stesso livello, ma sono organizzati peggio di noi. L’unico nostro svantaggio è che le nostre punte sembrano essere in scarsa vena realizzativa ed infatti il primo goal paradossalmente è per la squadra avversaria: perfetto gioco di squadra, scambi veloci e goal inevitabile. Per qualche minuto la squadra in maglia rosa sbanda, ma la soluzione arriva dalle persone più inaspettate: il sottoscritto. Nell’ambito delle sostituzioni, io dovevo prendere il posto dell’attaccante uscente e la cosa sinceramente non mi andava molto a genio. Ma il primo goal è proprio il mio: Fabio salta un giocatore e passa subito al sottoscritto. E io? Finta di destro (?), altra finta per saltare un difensore rientrante (??) e quindi tiro debole ma incredibilmente angolato di sinistro (????) che si insacca all’incrocio dei pali. Un goal che se ci riprovo non mi riuscirà mai. Dopo il pareggio, la squadra si rianima e sull’onda dell’entusiasmo, assiste ad un altro mio goal (penso che in fondo mi sia andato fin troppo bene) e un goal di Fabio, in mischia. Si può dire che abbiamo nettamente dominato la situazione. ma come capita sempre, naturalmente gli avversari non ci stavano a perdere e noi ci siamo rilassati gli ultimi 5 minuti, permettendo a loro di accorciare le distanze e a noi di farci venire il patema ad ogni tiro verso la nostra porta. Ma alla fine la vittoria ci ha giustamente sorriso… e mentre noi esultavamo, gli avversari prendevano a calci la panchina per rabbia. ^^”
 
Alla fine, abbiamo controllato calendario e classifica. La penultima non aveva ancora giocato e noi l’avevamo scavalcata. Le altre squadre davanti a noi devono affrontare avversari di prima classifica… incredibile ma vero, abbiamo speranza seppur minime di entrare tra le prime 6!!! ^_^
 
Ed ora, l’analisi di ognuno dei partecipanti alla vittoria:
 
Mauro (portiere): partita piuttosto tranquilla la sua. I tiri alla sua porta arrivano, ma la maggioranza di loro vanno fuori e comunque i rimanenti sono facile presa delle sue parate. Sui due goal è incolpevole. Nel primo l’azione è stata troppo veloce e la difesa non ha coperto bene, sulla seconda l’errore è di uno di noi. Per il resto, presente e puntuale. Affidabile
 
Daniele (difensore): come sempre rimane dietro in difesa per quasi tutta la partita, e dirige il reparto arretrato (quando in campo) con autorevolezza e richiama molto spesso all’ordine tutti quanti. Ogni tanto si presenta avanti, e penso che il portiere avversario si ricordi ancora una dei suoi tiri. E’ andato fuori di molto poco ed era un vero e proprio missile. Direttore di reparto
 
Vincenzo (difensore): più che per la sua disposizione in campo, l’ho notato di più per la sua irruenza. Quando faceva gli interventi, li faceva sempre con una certa aggressività (naturalmente positiva e corretta) e più di una volta l’ho visto spingersi in avanti a cercare addirittura il goal personale. Che non è arrivato, ma non penso che tarderà di molto. Soldato d’assalto
 
Giulio (difensore): l’evento che lo riguarda succede nel primo tempo. Palla al piede, avanza fino a superare il centrocampo poi subisce un’intervento da parte di uno degli avversari. Intervento piuttosto duro. Considerate che il nostro Giulio è un pò mingherlino, e l’altro al confronto sembrava un gorilla. Giulio fa una specie di volo ed atterra. Fallo? NOn fallo? Tutto quello che si sa è che chi subisce l’intervento si rialza come se niente fosse. Attimi di leggera paura. Per il resto, questo intervento è il giusto tributo ad uno dei giocatori che continuava a giocare bene anche nelle partite che abbiamo perso. E che non ho mai potuto segnare sul blog. L’unico problema è sempre la questione piedi: si è mangiato un goal quasi a porta vuota che continuaa  gridare vendetta. Per il resto, sicuro e preciso. Giusto tributo
 
Mirco: e io che pensavo come ogni volta di lodare il prode Mirco come miglior attaccante e realizzatore. Invece la realizzazione è proprio la cosa che gli è mancata. Per correre, corre… fa stop fenomenali che nemmeno Cristiano Ronaldo… dribblerebbe anche la sua ombra… ma sotto porta non ha dato il suo solito contributo. Incompiuto
 
Fabio (attaccante): chi vi scrive è sorpreso (quasi) di scrivere quello che sta per scrivere. Il migliore del reparto offensivo (almeno secondo il mio parere). Si muove, combatte, passa (!!!) e fa anche il goal partita (il terzo). Soprattutto per una volta non si è praticamente mai arrabbiato, ha mantenuto la calma e non ha fatto i suoi soliti giochetti del tipo "mantenere palla troppo nella propria area" (a parte una volta). E non solo avanti, ma anche dietro recuperando diversi palloni e pressando a più non posso. Inarrestabile
 
Alla prossima!!