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Piccoli residui di sé

Diversi giorni fa, mentre ascoltavo una persona che mi aggiornava sulla sua vita, la mia mente ad un certo punto ha collegato quanto mi veniva detto ad una particolare scena del film “Harry, ti presento Sally…”

Non è stato un bel momento, considerata la scena. Ma devo anche dire che quel momento è durato a malapena un secondo.

Entrambe le cose mi danno da riflettere. Forse anche questo è un passo in avanti.

Alla prossima.

A volte delirio, a volte zen

Ci sono giornate che partono male e si complicano con l’avanzare dei secondi. Vorresti anche lavorare al massimo delle tue possibilità, ma il tempo passa inutilmente e quando finalmente puoi cominciare sei già in super ritardo, sei costretto a recuperare cercando di bruciare le tappe e facendo casini legati alla fretta, succedono mille imprevisti e nonostante tutto l’impegno, il tuo stato d’animo raggiunge il delirio e la semi pazzia e sembra che tutto sia andato storto. Il che spesso è vero.

Ci sono giornate invece in cui il tempo passa inutilmente, cominci in super ritardo, sei costretto a recuperare a volte facendo casini per la fretta e succedono mille imprevisti… e tu sei in uno stato d’animo tale NIENTE TI TANGE. E non vuol dire che non te ne importa nulla, anzi… ma tutti i casini che succedono vengono seguiti dalla domanda “E’ stata colpa mia?”. E molto spesso la risposta è “no”. Certo, potresti essere più performante e con il tempo lo diventerai, ma gli imprevisti, come la parola suggerisce, non sono prevedibili. E poi, a dirla tutta, il lavoro è importante ma la salute di più. Non ci si dovrebbe ammazzare per il lavoro.

Alla prossima!

Non così differenti (mitologia time)

Qualche mattina fa, dopo essermi preso un buon caffè al bar, mi sono concesso di leggere “Il Messaggero”. Mi fermo sempre alla pagina culturale, e quel giorno era presente una intervista alla scrittrice americana Madeline Miller che parlava del suo libro “La canzone di Achille” scritto nel 2013. Mentre leggo l’intervista alla scrittrice, arrivo a queste parole:

“[…]Per grande parte del libro Patroclo è giovane, pieno di speranza, idealista, appassionato. E’ un buon contraltare di Odisseo, la cui storia non è radicata nell’idealismo ma nel cinismo, nell’esaltazione del pragmatismo come logica di vita[...]”

Da giovane sono stato un grandissimo appassionato di mitologia (mentre i miei coetanei erano appassionati di dinosauri) e come moltissimi ero affascinato dalla figura di Ulisse/Odisseo. Ma d’altronde, chi non lo sarebbe? Protetto e favorito di una delle dee più interessanti (Atena), sopravvive ad una lunghissima guerra di 10 anni, dove sono morti guerrieri più forti di lui, e può vantarsi di essere stato l’artefice (con un aiuto divino che non ha mai voluto riconoscere) della conclusione della suddetta guerra. E non con una prova di forza, bensì di astuzia. Gli dei gli impediscono di tornare a casa, e lui sopravvive ad un viaggio in mare infinito, che lo porta ad affrontare mille insidie e pericoli, prima del suo ritorno a casa.

Poi sono cresciuto, mi sono informato meglio e mi sono reso conto che Ulisse/Odisseo non era l’uomo perfetto che pensavo, anzi: opportunista, egoista, vendicativo ed in fondo con poco rispetto per i suoi compagni di viaggio in mare. E poi, per riagganciarci un attimo a Patroclo, il compagno (di vita?) di Achille nella stessa Iliade viene ritenuto “amato da tutti”, mentre il nome stesso Odisseo vuol dire “colui che è odiato” (anche se probabilmente più che odio si trattava di invidia). Ed in diversi punti dell’Iliade e dell’Odissea appare come il meno “legato all’onore” dei soldati Achei.

Quindi, con il tempo, sono arrivato a costruire la mia personale storia riguardante questo famoso eroe greco. Immaginate di essere il sovrano di una piccolissima isola, sposato con una moglie devota e padre di un figlio piccolo. Immaginate anche che molti altri re della Grecia vi rispettino per la vostra intelligenza e la vostra oratoria ed immaginate anche che una profezia vi dica che se vi imbarcherete in una futura guerra non rivedrete più la vostra patria prima di 20 anni e male in arnese. Non puoi dire di no ad una loro “chiamata alle armi”, sia perchè sono stati stipulati dei patti in precedenza e sia perchè non te li puoi permettere dei nemici come loro. Allora cerchi di passare per pazzo, ed arando la sabbia ci saresti quasi riuscito se non fosse stato per Palamede, un greco intelligente (quasi) quanto te che smaschera l’inganno e ti costringe ad imbarcarti per l’impresa. Ed essendo umano, provi un fortissimo rancore verso quest’uomo tanto da non aspettare altro che l’occasione migliore per rovinargli la vita (riuscendo con l’inganno prima a screditarlo e poi a farlo uccidere). Partecipi ad un guerra in cui non risalti come un “campione” (sebbene anche tu li abbia avuti i tuoi momenti di gloria) ma come un astuto stratega che non ha paura di agire nell’ombra… niente di cui andare fiero, forse, ma anche grazie a queste cose l’esercito in cui sei arruolato non sbanda e viene annientato dall’esercito troiano. E poi hai il colpo di genio: ben sapendo che gli dei influiscono continuamente nelle vite dei mortali e che bisogna dare sempre loro rispetto (e forse vedendo tu stesso che spesso salvano persone da morte certa nel bel mezzo degli scontri) ti inventi un cavallo enorme di legno, come dono votivo a Poseidone per favorire un ritorno a casa senza problemi. I troiani ci cascano in pieno, forse anche perchè sono stanchi anche loro di combattere e non vorrebbero altro che la pace, e portandolo dentro portano anche dei soldati greci che non appena cala la notte e finiscono i festeggiamenti nella città di Troia aprono i portoni e fanno entrare l’esercito Acheo nascosto. La guerra in effetti finisce, nel sangue, ma tu sei vivo e finalmente puoi tornare a casa. Ma sei un uomo, e pecchi di orgoglio: sebbene tu sappia che il piano del “cavallo di legno” è riuscito anche grazie all’intervento di Poseidone (che ha tolto di mezzo un Laocoonte che avrebbe voluto bruciare sul posto quell’enorme costruzione in legno) … ed in parte non sapendo che anche Cassandra lo aveva predetto, ma nessuno purtroppo le ha mai creduto… ti vanti di essere il solo artefice del successo finale. E ti fai un nemico parecchio potente. Poseidone non te la perdona, e quindi ti costringe ad una “odissea” di altri 10 anni, sballottolandoti da una parte all’altra del Mediterraneo. Tu sei intelligente e uomo di mondo, riesci sempre a cavartela ma se non fosse stato per “ordini superiori” tu la tua Itaca non l’avresti mai più rivista. Ma riesci a tornare, vedi in che che condizioni si trova (ti hanno dato per morto, ed i Proci stanno vivendo sulle tue ricchezze e cercando di sposare Penelope… che con piacere ti ricorda perchè la ami tanto, e non solo per la sua bellezza). Aiutato e consigliato da Atena, aspetti. Se al tuo posto ci fossero stati gli altri comandanti dell’esercito acheo, non appena sbarcati avrebbero assaltato il palazzo, e magari sarebbero morti. Ma tu non sei come loro. Studi la situazione, ti crei una falsa identità, cerchi di capire chi ti è fedele e chi no. Una volta capita la situazione, fai scattare la trappola e tutti i pretendenti vengono uccisi dalla tua vendetta. E quindi finalmente puoi riposare, dopo tante avventure e dopo tutto quel sangue e quei morti.

E qui vado di fantasia ancora più spinta. Dopo qualche anno passato a recuperare dalle ferite fisiche e psicologiche, scopri che quello che ti ha cambiato dentro non è stata una guerra nella quale sono morte un sacco di persone… in fondo erano pochissimi quelli che apprezzavi, e la maggior parte di loro secondo te meritava di morire… ma quell’incredibile viaggio arrivato quando meno te lo aspettavi, che ti ha fatto rischiare più volte la vita ma che ti ha letteralmente aperto un mondo. Hai incontrato ciclopi, mangiatori di loto, mostri marini, semidee, maghe che trasformano gli uomini in animali… ma hai anche visto il regno dei morti da vivo e poi dire di essere uno dei pochissimi ad aver ascoltato il canto delle sirene ed essere vivo per raccontarlo. E mi piace pensare che la fine migliore l’abbia raccontata Dante Alighieri nella sua “Divina Commedia”: un ultimo viaggio, per andare oltre i limiti umani, utilizzando le sue doti una ultima volta per convincere delle persone a seguirlo (e condannandole a morte) e così cercando di soddisfare la sua “Wanderlust” o la sua “Fernweh” (mi piace che i tedeschi abbiano delle parole che descrivono concetti così grandi ed eterei allo stesso tempo). E magari tornare e raccontare la sua grande avventura agli altri, proprio come hai fatto per ricevere il tuo ultimo aiuto prima di tornare ad Itaca. Ed è altrettanto appropriato che abbia scoperto qualcosa che nessun umano ha mai visto… e sia morto subito dopo.

Credo in parte di capirlo. Anche a me piace esplorare posti nuovi, informarmi su quello che vedo e poi, tornato a casa, raccontarlo… come se il racconto fosse la giusta chiusura dell’avventura. Certo, io uso un blog e non possiedo l’oratoria della leggenda greca (purtroppo, viste le molte volte in cui ho tentato di convincere amici a seguirmi e non riuscendoci).

Quindi, per tornare alla frase che ha fatto partire tutto questo sproloquio, forse è vero. Patroclo era giovane, non aveva mai dimostrato il suo valore e quando si è trovato sul campo di battaglia era pieno di entusiasmo, ha scoperto di essere anche un grande guerriero e non ha saputo fermarsi (Ettore è stato un guerriero più capace di lui). E me lo immagino Ulisse/Odisseo che una volta venuto a conoscenza della sua morte sia stato cinico e pragmatico, pensando che il “ragazzo” era un novizio della vita, non come lui che doveva vivere per sua moglie, suo figlio, i suoi genitori, la sua isola. Ma credo anche che nell’ultima parte della sua vita, quando lo spirito del vagabondo si è impossessato di lui spingendolo ad abbandonare tutto quello che pensava fosse primario nella sua vita, ha compreso alla fine la scelta di Patroclo. E forse invidiandolo, lui che era il soggetto dell’invidia altrui, per essere arrivato a capire ciò che realmente amava fare solo troppo tardi.

Alla prossima!

L’altra faccia della dimenticanza

Non ho mai negato di avere una pessima memoria. E’ infatti uno dei motivi per i quali continuo ancora adesso a scrivere un blog, che parla di me pur non dando informazioni concrete su di me. E’ il motivo per cui faccio un sacco di foto quando vado in giro ed una volta a casa mi sbrigo a catalogarle per posto, data e nome immagini (quando possibile). A volte è una dura lotta.

Ma questa specie di dimenticanza ha un effetto collaterale positivo: certe sensazioni che non provo da tanto vengono come riscoperte, portando con sè di nuovo quel senso di meraviglia e di appagamento come la prima volta che lo ho percepite.

Sono stato un mese chiuso in casa per Covid, e tutto sommato a me e alla mia famiglia è andata molto bene: abbiamo avuto febbre, tosse (tanta) e debolezze varie, ma sono durate relativamente pochi giorni e poi abbiamo solo atteso che le analisi riscontrassero l’assenza dei segni della malattia. E quindi, dopo un paio di giorni, sono uscito per andare a comprare un giornale per mia madre.

Non è stato un lungo tragitto, e la faccenda è stata sbrigata anche con una certa velocità. Ma cavoli… ho adorato ogni cosa di quella breve passeggiata.

La presenza umana, prima di tutto. Non c’è niente da fare, siamo animali sociali ed abbiamo bisogno di nostri simili. E di seguito tutta una serie di informazioni che venivano fornite dai miei sensi. Il cielo così tanto blu e senza nemmeno una nuvola, i raggi del Sole sulla pelle, il ciguettio degli uccelli, l’odore dell’erba che riuscivo a sentire sebbene portassi la mascherina… persino l’aria spinta dal vento che si insinuava in mezzo alle dita della mano.

Lo so, lo so. Niente di stupefacente. Ma ero stato chiuso in casa per un mese, in mezzo a quattro mura sempre uguali e con le stesse persone. E con tutti i nervosismi dell’essere in una situazione non facile. Ed oggi, quando ho chiuso gli occhi e ho fatto un bel respiro, mi sono detto…

…che bello essere vivi.

Alla prossima!

Percezione del tempo

Mi è capitato di pensarci già da diversi giorni, ma è in una chiacchierata con una collega di lavoro che il pensiero ha avuto un riscontro. Mentre parlavamo, ci siamo resi conto che il lavoro ci riempie così tanto le giornate che, complice la situazione di Lockdown parziale che stiamo tutti vivendo in questo periodo, quando scambiamo due parole con qualcuno finiamo sempre di parlare quasi solo di lavoro. Come se non esistesse altro.

In effetti come corrieri cerchiamo spesso di lavorare di domenica, perchè paga di più, quindi finiamo per bruciare anche l’unico giorno in cui potremmo uscire almeno il pomeriggio ed incontrare i nostri amici. E quando torni a casa sei stanco, vuoi passare qualche minuto in pace e poi dormire perchè il giorno dopo devi svegliarti presto… prestissimo. Lo fai perchè ti pagano, lo sai, ed è una paga onesta.

Ma ogni tanto sogni la libertà. Sogni di poterti alzare la mattina e poterti preparare per andare a fare una delle tue escursioni, quelle che ti facevano sentire “vivo” e quelle che ti piaceva tanto condividere con altri. Ma non è periodo, non puoi. Non come vorresti.

Oggi sarei dovuto andare a lavoro, ma il giorno è saltato. E ho dovuto reimpostare tutta la giornata. E sono riuscito finalmente a rivedere un vecchio amico. Cominciavo seriamente a pensare che, data la mia assenza fisica, sarei stato dimenticato ^^” E dopo una breve chiacchierata su come vanno le cose (e si, ho parlato ancora di lavoro…) ci siamo riagganciati ad una comune vecchia passione, quella del gioco di ruolo. E per un paio di orette abbiamo discusso su vecchie campagne, vecchie storie di immaginazione ed avventura, e poi abbiamo ipotizzato nuove avventure quando questa cosa del CoViD19 passerà.

Sapete cosa si dice della percezione del tempo? Che quando ci si annoia diventa interminabile e quando ci si diverte diventa cortissimo. Per lavoro il tempo scorre ad un velocità incredibile, tanto che quando finisco lo è anche la giornata e mi coglie sempre impreparato. Oggi il tempo invece andava piano, ma di una lentezza piacevole, rilassante. Ho potuto goderne tutte le sfumature.

E’ inutile, non riuscirò mai ad essere una persona “svelta”. Non mi ci adatterò mai del tutto. Ma non è un male. E’ dal godimento delle piccole cose che mi sento davvero… presente. Ed essere presente è tutto quello a cui posso appoggiarmi, in questo momento.

Alla prossima.

Il mio rito

Ogni volta che propongo ad alcuni amici una serata al cinema, trovo sempre le stesse obiezioni.

“Dai, stiamo a casa, ho Netflix e ci possiamo vedere qualunque film tu voglia senza spendere 10 euro e magari trovare un posto troppo vicino o troppo di lato…” In realtà sono anche obiezioni sensate. Ma come ripeto ogni volta, per me andare al cinema è un rito. Per alcuni è andare in chiesa la domenica, per me è questo.

Perdere qualche minuto su internet a scegliere che film andare a vedere, magari tra due o tre che ti interessano, pensando anche “Quale meriterebbe di essere visto su uno schermo grande? Sono in serata da film complesso o da film leggero?”;

calcolare distanze e tempistiche per raggiungere il cinema, perchè a volte cercare di vedere un film in un determinato orario implica anche rendersi conto che i parcheggi più vicini saranno pieni, che magari ci sarà la fila alla cassa,ecc..

prima di entrare nella sala del film, considerare che magari ti va uno snack e lì domandarsi: patatine o popcorn? Acqua o thè alla pesca?;

mettersi seduto al posto assegnato e sorbirsi le varie pubblicità prima della visione e solo alla fine qualche trailer, con la speranza che siano interessanti.

E solo allora il film. Si, non sei solo in sala ma insieme a tutti gli altri paganti… ma le luci spengono, il film comincia ed io mi scordo di tutto e tutti. MI scordo del mio mondo e mi immergo in mondi migliori, ed il mio cuore si allegerisce, oppure in mondi peggiori, e quando torno alla realtà mi sento meglio.

Quanto mi è mancato tutto questo in questi ultimi mesi…

Alla prossima!

Affetto

Ho letto un’espressione meravigliata sul volto di mia madre, quando mi ha visto raggiungerla in camera sua mentre stava piegando dei vestiti e senza dire una parola l’ho abbracciata per qualche secondo, posando la mia guancia sulla sua spalla.

Ho solo lasciato fluire un po’ di affetto. Una cosa così semplice. Disarmante. Complicata per alcuni. Invisibile e silenziosa ai più.

Come il sangue sulle mani di lady Macbeth

Certi amori non più corrisposti sono come il sangue che continua a macchiare le mani immacolate di Lady Macbeth: pensi che “ne è passata di acqua sotto i ponti”  e… finchè non ci pensi è anche la verità. Ma per alcuni è solo un “non volersi guardare le mani”.

Nel caso di una separazione più dura, tornare anche solo a pensare alla persona che non è più accanto a noi per il semplice fatto di averla vista è sentire lo sporco che riemerge improvviso: cerchi quasi di strapparti la pelle dalle mani per togliere il sangue e per questo soffri. E visto che niente va via, incolpi la persona che ti sta facendo soffrire anche se il vero colpevole lo si trova sempre davanti allo specchio.

Il caso migliore però… è anche il peggiore. Magari con quella persona sei rimasto in buoni rapporti, continuate a vedervi come amici, e continui a divertirti con lei, e va tutto bene. Poi ti ricordi che lei non è più accanto a te, non come vorresti, ed improvvisamente non sono solo le mani ad essere bagnate di sangue, ma ne sei coperto da cima a fondo senza che tu te ne accorgessi. E soffri, anche se è più una maliconia struggente. Ti senti male come se ti fosse stata tolta la terra da sotto i piedi, e mentre precipiti l’aria è fine ed i ricordi che accompagnano la caduta sono belli.

Quindi, ragazzo, non so bene che consigli darti. Non so che tipo di caso sei dei due. A volte si passa da uno all’altro. Ma una cosa posso dirtela. Cerca di fare qualcosa che di solito non fa mai nessuno. Scava dentro di te. E preparati, troverai così tante cose brutte che vorrai scappare via e magari rifugiarti in pensieri più “facili”. Ma fatti forza. Ci sarà da immergere le mani nella fanghiglia e nel letame, potresti vedere e rivivere tutte le cose sbagliate che hai fatto o hai pensato, magari renderti finalmente conto anche le conseguenze che hanno colpito gli altri… questa forse è la cosa peggiore… ma se riesci a resistere fino in fondo troverai ancora un seme buono. 

E quando si parte da zero ma con un seme buono… il proprio giardino tornerà a fiorire, prima o poi. E magari qualcuna, un giorno, si innamorerà del tuo giardino e dei suoi profumi.