Archivio mensile:marzo 2012

Papà… vero?

Ho trovato un altro dei motivi per i quali questo lavoro da una certa prospettiva mi spaventa.

Siamo in mensa, e sono seduto al tavolo insieme al Comandante, al Comandante in 2° e ad un altro ufficiale. Dopo le inevitabili discussioni “lavorative”, abbiamo discusso di argomenti più leggeri… e sono venuto a sapere che questo ufficiale presto sarà padre. La moglie ormai sta per partorire e quindi si discuteva del periodo di licenza che otterrà per stare accanto alla moglie ed al figlio di 3 anni. E ora stava chiedendo al Comandante di andare in “licenza paternità” già una decina di giorni prima del presunto parto della moglie… per abituare il figlio alla sua presenza a letto.

…………..

… ovvero, il figlio non vede quasi mai il padre, e non è abituato alla sua presenza in casa. In pratica è come se il padre fosse uno sconosciuto per il figlio. L’hanno presa tutti a ridere… ma a me non è riuscita la risata.

Questo ufficiale è una persona dedita al lavoro, e nel suo campo è insostituibile. Unisce una profonda competenza in materia ad una personale passione per quello che fa. E ha anche un certo successo nel suo campo. Ma… il figlio non lo riconosce??

… vale davvero la pena fare un lavoro che nella maggior parte del tempo ti chiede orari prolungati in ufficio, se questo è uno degli effetti?

Alla prossima.

Condivisione

Ho deciso di provare Google+.

In realtà per un semplice motivo. E’ da un pò che ho in mente di sfruttare la mia permanenza in quel di Calabria in modo diverso. L’idea “Foto” ormai mi rimbalza in testa da parecchio tempo. Non so perchè non ci ho pensato prima. In parte perchè forse sto odiando questo posto e il lavoro che sto facendo ondeggia tra il “molto utile” e il “lo odio”.

Ma non posso negare che il posto dove mi trovo è ricco di paesaggi stupendi, di vedute mozzafiato e di natura incontaminata. Certo, c’è anche altro… ma voglio focalizzare sulle cose positive. E le foto possono darmi qualche bel ricordo, quando tutto questo sarà finito. E da questo pensiero sono arrivato a quest’altro: magari qualcun altro potrebbe godere di queste bellezze. Volevo condividere qualcosa di bello con qualcuno.

(Tranquillo, mio caro blog. Non ti sostituirò mai. Ma non sei molto visibile ^^” e devo anche essere sincero, non sono come sfruttare al meglio gli spazi qui per le foto.)

Quindi, sono finito su Google+. Ho sempre bistrattato Faccialibro, e sono finito sul suo concorrente. Ma come ho scritto sopra, avevo già ben chiaro cosa fare in quel social network. E poi, mi avevano parlato di 2 cose interessanti:
1)non è “sputtanato” come Fb
2)ha un sistema di controllo privacy che ha dell’incredibile: il tuo nome abbinato al sito può anche non comparire su Google!

Ho dato un’occhiata alle varie opzioni, ho creato una “cerchia” (si dirà così? NOn mi ricordo più…) di amici – ok, sono solo 3 persone ma è un inizio – ho messo la mia immaginetta di Johnny e quindi… mi sono fermato a ricontrollare il tutto. Spulciando negli spazi di uno dei 3 utenti di cui sono “amico”.

Prima di tutto, mi ha lasciato un pò spiazzato il fatto dei messaggi brevi. Lo sai che quando scrivo ho bisogno di farlo a lungo. Lo sai che ha su di me una funzione catartica. Ma… mi è stato detto che le frasi possono anche essere più lunghe, quindi è una preoccupazione stupida.

E poi… la stessa condivisione che bramavo ad un certo punto mi ha spaventato.

Sono un egoista. Quello che è mio è mio. Non ho molte esperienze, ma quelle che ottengo… anzi, quelle che ottengo e capisco… sono profonde e preziose. E ai miei occhi e al mio cuore sono così preziose che ho paura che anche solo mostrandole agli altri me le possano “rubare”.

Sono altruista. Visto che voglio bene ai miei amici, se condividere con loro le mie esperienze può aiutarli o anche solo farle sorridere allora sono pronto ad essere derubato di tutto quello che ho.

Sono profondamente spaventato. Ho paura del contrario. Ovvero, esperienze e gesti gentili che i miei amici possono offrirmi per aiutarmi o anche solo farmi sorridere. C’è una parte in me, qualcosa di oscuro e di sconosciuto (o almeno, vorrei credere che sia così: se scoprissi che è una cosa “banale” mi sentirei peggio), che mi urla in testa che non me le merito queste cose. E in automatico, mi chiudo. Gentile, cortese ma distante. E’ strano detto da me, ma sono un maestro delle distanze.

… sapete una cosa? Dovrei rileggere quanto ho scritto, ma ho sonno, sono stanco e adesso mi sento davvero giù. Non so se sono rimasto sul “tracciato”, se ho scritto quello che volevo scrivere. Non mi interessa. Voglio solo chiudere gli occhi…. e dormire.

Alla prossima.

Perdere le parole

Quando ho frequentato l’Accademia Navale, in quei 3 mesi non potevo fare molto essendo gli orari rigidamente stabiliti dal Comando. Gli unici momenti di relativa libertà (relativa perchè non si era proprio liberi di fare tutto) erano nei giorni di libera uscita, ovvero giovedì sera dopo le 20:30, sabato dopo 16:30 e domenica dopo le 12:30. Ad essere sinceri, questi giorni venivano usati soprattutto per dormire (eravamo stanchi morti e riposavamo relativamente poco in Accademia) e per parlare con i propri cari (penso di non aver mai usato messenger ed il telefonino con tanta “intensità” come in quel periodo). Ma ricordo che una domenica ho sentito l’impulso di fare altro. Memore di una lettura di Lucarelli fatta prima della mia partenza, mi imbucai in una libreria aperta lì a Livorno e comincia a cercare per un libro. Lo trovai, lo comprai e lo misi nella mia cartellina. Lo portai all’interno dell’Accademia e nei momenti di pausa tra una lezione e l’altra, se non c’era altro da fare, cominciai a leggerlo. Ricordo di averlo finito in poco tempo, e che poi lo regalai ad una mia compagna di corso che sembrava apprezzare sia il genere che l’autore.

Faccio questo preambolo per chiarire il problema che mi affligge in questo periodo calabrese. Non tocco un libro dall’episodio che vi ho raccontato sopra. Anzi… diciamo che ci ho provato, ma dopo una decina di pagine ho smesso. Cosa c’è di sbagliato in ciò? Qualcuno tempo fa, quando ancora andavo all’università, mi disse che si può vivere tranquillamente anche senza essere lettori. E infatti… vivo.

Ma il problema è tornato ieri sera, mentre chiacchieravo al telefono con mia carissima amica. E’ una persona molto intelligente, quindi spiegava i suoi concetti usando un ampio raggio di vocaboli. Parole che naturalmente capivo senza problemi (non sono stupido, anzi credo che il mio cervello se adeguatamente motivato funzioni discretamente bene) ma… non riuscivo a fare lo stesso. Quale è il dramma? Una volta, quando ero un divoratore di libri, avevo una capacità di “spiegazione concetti” ampia e variegata, tanto che molti miei amici dicevano “Si vede che sei una persona che legge”. Ma ieri sera mi sono sentito quasi “inadeguato” a sostenere la conversazione, come se non fossi più capace di usare correttamente tutte le parole che conosco.

Sento come se mi stessi imbarbarendo, regredendo ad uno stato precedente a quello raggiunto dopo tante letture e tanta fatica. E non posso farci nulla, al momento. Lo studio per l’università in realtà mi stressa fin troppo, mia madre ci mette il carico da novanta quando si rende conto che non riesco a leggere “cosa utili” e ho di conseguenza il rifiuto inconscio di toccare qualunque libro. Le parole si affollano nella mia testa, ma sono sfocate, sbiadite e quasi non riesco più a leggerle. Si stanno dissolvendo nel nulla, e la mia mente è ancora piena ma come di fumo.

Mi sforzerò di rimettere mano alla raccolta di racconti di Edgar Allan Poe con la speranza di non far seccare la “piantina malata”. Ma fino a quel momento… spero di non raggiungere un punto troppo basso.

E alla fine mi tocca ringraziare il mio blog, se ancora scrivo qualcosa e quindi riesco a mantenere un minimo in allenamento il mio piccolo cervello ^^”

Alla prossima.

“Scusa, mi è mancato il tempo”

In realtà, scriverò considerazioni di cui ho già discusso con altre persone (sicuramente l’ho fatto con i 4 gatti che leggono ancora il mio blog) ma stasera nonostante la stanchezza mi andava di scrivere qualcosa.

Ho fatto un sogno, ieri notte. Anche se più che un sogno è stato un ricordo. Ho rivissuto un avvenimento successo uno degli ultimi giorni nell’Accademia Navale di Livorno. Dopo tanti giorni passati a sopportare qualunque regola (anche quelle che consideravamo assurde) e a metterci sull’attenti quando incrociavamo qualunque superiore (e noi poveri A.U.F.P. eravamo praticamente all’ultimo gradino della scala gerarchica) avevamo finalmente dei gradi da ufficiale e quindi più “potere”. E gli ultimi giorni sono trascorsi in modo piuttosto tranquillo, con noi che passavamo il tempo ad aspettare di fare gli esami chiacchierando e scambiando commenti ed idee su qello che ci sarebbe successo. O semplicemente sui 3 mesi trascorsi.

Anche i  nostri inquadratori, che avevano il grado di aspiranti guardiamarina e che ci avevano tartassato (anche se per “il nostro bene”), adesso erano alla nostra portata. Anzi, addirittura con un grado inferiore al nostro. Ma non pretendevamo da loro dei saluti o un mettersi sugli attenti. Erano i nostri mentori, dovevamo a loro tutto.

Io facevo parte della 5° sezione, l’ultima degli A.U.F.P. ma la migliore, la più variegata e con i componenti più validi. Il nostro inquadratore era un aspirante guardiamarina del corpo delle Capitanerie di Porto, ed era quello che urlava più di tutti. Chi mi conosce sa che io non sopporto le persone che alzano troppo la voce, e non nascondo che all’inizio ero arrivato al punto di odiarlo. Poi, come faccio sempre con tutti, mi sono concesso del tempo per farmi un’idea migliore e questa è stata una fortuna. Ho scoperto una persona capace di arrabbiarsi di brutto quando facevamo cavolate, ma anche di complimentarsi con noi (di nascosto dai suoi colleghi) quando invece facevamo un buon lavoro e arrivando addirittura a difendere uno della mia sezione a spada tratta di fronte al Comandante del Corso. Un ragazzo che doveva avere poco più di 18 anni, ma a cui auguro il futuro migliore e che avrà sempre il mio supporto.

Era credo il penultimo giorno, era sera e l’aspirante inquadratore della nostra sezione stava lasciando dediche sulle foto di tutti. E’ stato forse l’unico vero momento con cui ho potuto parlare liberamente con lui. Avevo rispetto di lui, ma la mia natura più calma, educata e serafica non mi ha mai permesso di entrarci davvero in contatto. E nella mia sezione c’erano personalità più estroverse ed interessanti. E io non credo di essere una persona interessante…

… nell’immediato. Perchè dico questo? Perchè, dopo uno scambio di convenevoli e mentre stava lasciando una dedica sulla mia foto, si ferma sollevando lo sguardo verso di me e guardandomi in modo strano per qualche secondo, quindi sospira.

“Che c’è?”
“Niente, pensavo una cosa…”
“Cosa?”
“In un certo senso, sei il mio fallimento.”
“Fallimento?” trattengo una risata coprendo la bocca con una mano “La nostra sezione è la migliore di tutte, ed è merito tuo”
“Non fallimento in quel senso. Sei l’unica persona che non ho fatto in tempo a capire. Non ho mai dubitato della tua educazione, sei sempre stato rispettoso e controllato, ma non ti sei mai esposto. Ho visto altro di te solo in questi ultimi giorni. Ti chiedo scusa, mi è mancato il tempo.”

La cosa finì lì, anche rincuorandolo e dicendogli che aveva dato il massimo e aveva tirato fuori il meglio di noi. Tutte cose vere, è stato davvero bravo ^_^

Le sue scuse però hanno avuto 2 effetti contrapposti su di me. Da una parte è stato bello sentire quelle parole, è stato bello capire che qualcun altro aveva scoperto qualcosa di positivo su di me che magari lo aveva colpito. L’altra parte… è stata una delusione. Non pretendo di essere una persona intelligente, o particolarmente comprensiva, ma io ho “fatto in tempo” a capire a grandi linee il mio inquadratore e soprattutto so benissimo di avere appena scalfito la complessità della sua psiche.

Perchè molte persone non riescono a fare lo stesso con me?

Alla prossima.