Ho appena finito di vedere al cinema il film “Still Alice”, quindi spero vogliate perdonarmi per la poca fantasia o per eventuali errori che troverete quando pubblicherò l’intervento. Cerco di scrivere lasciandomi trasportare dal momento e dai sentimenti che mi riscaldano.
Il film che ho visto è… bellissimo e profondamente triste per la sua impossibilità ad un lieto fine. Alla protagonista, un’affermata ricercatrice e docente universitario in ambito linguistico, viene riscontrata una forma rarissima di morbo di Alzehimer. Lentamente comincia a perdere pezzi della cosa più importante: la memoria. Inizia con il non ricordarsi dei vocaboli, poi perde l’orientamento, poi il ricordo dei figli. È… straziante. Sai che non guarirà. Non c’è un lieto fine alla storia, non ci può essere. Ti appassioni alla lotta di questa donna fino a che gli è possibile, fino a quando perde sé stessa.
La memoria. La protagonista ha bisogno di una se stessa del passato per ricordare di essere stata una donna meravigliosa con una bellissima vita, ed i figli le sono accanto a testimoniare quanto sia stata importante per tutti. Non voglio scomodare quella terribile malattia, ma mi domando quante persone abbiano perso la memoria di se stessi durante la vita. Quante volte abbiamo smarrito la via? Quante volte le avversità ci hanno stordito, confuso, abbattuto? Quante volte ci siamo rialzati e ci siamo detti qualcosa tipo “… forse non sono chi mi credevo di essere. Ho vissuto una bugia che mi sono creato da solo”?
Mi è successo parecchie volte. Anche adesso ho “vuoti di memoria”. Ma per quanto imperfetto, per quanto restio ad aprirmi con il mondo, ho sempre avuto la fortuna di avere accanto qualcuno che mi ha ricordato il mio vero Io. A volte ha dovuto urlarmelo nelle orecchie più e più volte, perché sono cocciuto, e ha anche dovuto farmi “del male” affinché lo ascoltassi. Io penso che possedere una memoria sia forse l’unico vero motivo per vivere una vita che a volte si diverte a farci sorridere e a buttarci nel fango con la stessa imprevedibilità, e quindi dobbiamo aggrapparci ad ogni singola sensazione positiva che possiamo tirar fuori da quello che ci succede. Ma penso anche che è nostro dovere ed interesse condividere quando appreso con chi ci è vicino, con chi ci vuole bene. Se l’aspetto più dolce della faccenda non vi interessasse, fatelo per egoismo: saranno gli unici a ricordare al mondo che ci siete stati, che avete lasciato un segno da qualche parte. Altrimenti verrete dimenticati. Ed è peggio che morire.
Scusate in anticipo la superficialità dell’intervento, sono sicuro che quando lo rileggero’ domani mi sembrerà scontatissimo… ma non sono riuscito a non scriverlo.
Alla prossima.