Archivi categoria: Viaggi

A spasso per… il Lazio: catacombe (e basilica) di S. Sebastiano

Domenica 16 è stata una giornata che mi sono concesso per me. Ho riprovato la mia solita traversata dell’Appia Antica, approfittando di una insolita e benvenuta giornata di Sole, per poter fare un pò di spazio nei miei pensieri e cercare di rimetterli un pò in ordine nella testa. C’è un sacco di rumore di fondo lì dentro. Non è servito a molto a dire il vero… ma ho avuto il Sole e la possibilità di fare un passo dietro l’altro quindi cerco di vedere il lato positivo. Ed in più ho di visitato le catacombe (e la Basilica) di San Sebastiano, quindi non posso lamentarmi.

Museo dei sarcofagi

Un piccolo cenno storico: il sito era nato come cava di pozzolana e tufo, poi una volta in disuso divenne un luogo di sepoltura pagano verso la fine del II sec. Usato dai cristiani come loro cimitero, favoriti dalle proprietà dei materiali di cui era composto il terreno (il tufo è una pietra morbida e la pozzolana è una specie di malta) crebbe fino a creare una serie di tunnel lunghi circa 12 km, distribuiti su 3 livelli (3, 9 e 12 metri di profondità).

La nostra gentilissima guida ci ha condotti (a me e altre 4 persone) lungo le strette gallerie situate a 12 metri di profondità, facendoci vedere i vari loculi usati per dove riporre i resti delle persone defunte (alcuni dei quali erano davvero troppo piccoli, segno che diversi di loro erano bambini). Ci ha mostrato che queste catacombe raccoglievano ogni tipo di persone, ricche e povere (per lo più le seconde), mostrandoci varie iscrizioni presenti presso alcuni loculi, che variavano sia di qualità che di grandezza.

Infine siamo arrivati in un’area molto ampia denominata “la piazzola”, adesso sotterraneo ma una volta a cielo aperto, e qui abbiamo avuto modo di vedere 3 tombe di tipo monumentale. Dei mausolei, probabilmente appartenuti a dei liberti facoltosi, che non sono si distinguevano per le decorazioni interne di pregio, ma per il fatto che fossero praticamente a due piani: nel piano inferiore era presente un’area dove i parenti del defunto si riunivano una volta l’anno per mangiare un pasto in suo onore, una specie di rinfresco chiamato “refrigerium”. Pratica quest’ultima che è stata sicuramente praticata anche nell’ultima area visitata, poco sotto la basilica, dove è possibile leggere diversi graffiti inneggianti a Pietro e Paolo. Perchè? Ve lo spiego nelle curiosità.

Soffitto ligneo intagliato della Basilica di San Sebastiano (fuori le mura)

E quindi siamo emersi dalla profondità sbucando all’interno della Basilica di San Sebastiano (fuori le mura, per distinguerla da un’altra presente all’interno di Roma), ammirando fin da subito lo stupendo soffitto ligneo intagliato e decorato rappresentante sia il martirio di San Sebastiano che gli stemmi del cardinale Scipione Borghese sia di papa Gregorio XVI. Poi sono stato attirato subito la due opere: la prima è la scultura di “San Sebastiano giacente”, ad opera dello scultore Giuseppe Giorgetti, la seconda è la splendida “Salvator Mundi”, ultimo capolavoro di Gian Lorenzo Bernini.

San Sebastiano giacente

Ora, qualche piccola informazione/curiosità:

1) la storia di San Sebastiano è abbastanza famosa: in breve fu un soldato facente parte dei pretoriani, le guardie del corpo dell’imperatore Diocleziano (un corpo militare d’elite), che sfruttò la sua posizione per favorire la diffusione del cristianesimo. Ma l’imperatore aveva in odio i cristiani, e quando seppe di avere una sorta di “serpe in seno” lo condannò a morte: fu legato ad un palo sul Palatino, denudato e trafitto da dardi fino a “sembrare un istrice”. E proprio in questo punto si fermava la mia conoscenza del santo, visto che in effetti l’immagine del santo è legato al suo supplizio tanto particolare. Ebbene… mi sbagliavo. Mi sono sorpreso quando ho scoperto che la storia non finiva qui: in realtà riuscì a sopravvivere a quel supplizio, visto che fu dato per morto dai suoi esecutori e lasciato alla mercè degli animali selvatici, ma Irene da Roma (santa anch’essa) lo recuperò ancora in vita e lo trasse in salvo, curandolo da ogni ferita. La sua guarigione fu comunque prodigiosa, e San Sebastiano decise di proclamare direttamente la sua fede all’imperatore, che stavolta lo uccise per davvero: fu flagellato a morte, e quindi il suo cadavere gettato nella Cloaca Maxima. Ma anche in quel caso il suo corpo fu recuperato dalla matrona Lucina e portato alle catabombe che presero il suo nome. O almeno, questo è quello che dice la tradizione…

2)… vi ricordate quando vi ho parlato dei graffiti nelle catacombe inneggianti a Pietro e Paolo? Nelle tradizioni dei primi cristiani, si lasciavano invocazioni o preghiere ai santi soprattutto quando era presente qualcosa di “fisico” appartenuto a loro. Ed infatti molti storici suppongono che in dato periodo storico i corpi dei due santi (o delle reliquie legate a loro) vennero appunto trasportate all’interno delle catacombe di San Sebastiano. Quando però ho chiesto alla guida se sono presenti indicazioni scritte simili per il povero Sebastiano, ha ammesso che in effetti non sono presenti.

3) il termine “locus ad catacumbas” (probabilmente dal greco katá kýmbas, “presso l’avvallamento/la cavità”) indicava un avvallamento presso la via Appia. Alcuni studiosi pensano si riferisca all’avvallamento dove si trovano le catacombe di San Sebastiano… che quindi possono vantare il piccolo primato di aver dato il nome a tutte le altre sepolture cristiane.

4) l’indirizzo della Catacombe di San Sebastiano è via Appia Antica 136. Sono aperte tutti i giorni (ad esclusione del mese di Dicembre) dalla 10 alle 17 (ultima visita a partire alle 16:30). Il prezzo del biglietto è 8,00 euro (5 il ridotto). Ogni visita necessita di una guida. Per maggiori informazioni vi rimando a questo sito.

Salvator Mundi

Quindi, consigliato? SI, ma… il giro delle catacombe ha una durata cha varia dai 30 ai 40 minuti, e volendo perdere un pò di tempo ad ammirare la basilica si spendono altri 10 minuti. Occupa relativamente poco tempo, quindi ve la consiglio se siete non troppo lontani dal sito e magari vi va di farvi una passeggiata sull’Appia antica. E nemmeno Roma dista molto, se siete forniti di macchina.

Alla prossima!

A spasso per… Roma: Sinagoga principale, museo ebraico e Sinagoga spagnola

La settimana scorsa mi cadde per caso l’occhio sulla pagina di Leggo legata alla città di Roma e trovai davvero interessante l’evento organizzato per domenica “Sogni. Una scala verso il cielo. Alla scoperta del patrimonio storico e culturale ebraico”. Tra le tante attività mi focalizzai su quelle del mattino, ovvero la visita del museo ebraico e della sinagoga principale e spagnola. Tutte queste permettevano un ingresso gratuito per tutta la giornata e finalmente avrei potuto soddisfare la mia curiosità: mi era capitato di passare da quelle parte un paio di volte, ma in entrambi i casi era sabato (ed è il giorno di riposo nella cultura ebraica ^^”).

Ho fatto come al solito il mio giro di messaggi su Wahtsapp per vedere se qualcuno dei miei amici fosse interessato, anche se non ci avevo fatto granchè affidamento conoscendo i trascorsi (e come immaginavo avevo ragione, anche se forse un giorno scriverò del modo in cui “si dice no” a determinati inviti). Una mia amica di Roma sembrava davvero interessata, ma rimandava la sua visita con il ragazzo nel pomeriggio perchè la mattina aveva degli impegni.

Quindi, visto che pensavo che le visite cominciassero alle 10:30 ho dovuto prendere il treno delle 07:59 (il successivo partiva alle 09:59, quindi troppo tardi) ed una volta arrivato a Termini ho rinunciato all’idea di prendere la metro B e ho deciso di farmela tranquillamente a piedi. Quindi mi sono fatto una camminata tranquilla di 45 minuti, passata non solo a bearmi gli occhi come sempre della bellissima Roma ma anche ad insegnare ad una bambina come si miagola, dare una piccolissima mano ad un maratoneta e discutere al volo con un fotografo professionista che la vita nonostante tutto non fa così schifo (??). Una volta arrivato in via Catalana mi sono reso conto che avrei dovuto aspettare un pò (ero arrivato alle 10:15 ed il vero ingresso al museo e sinagoghe era alle 11).

“Si, sono stati un pò severi, ma in fondo anche loro hanno dimostrato carità cristiana”

Prima di mettermi in fila per il museo, decido di visitare un’altro piccolo museo lì vicino, dedicato alla Shoa. Si focalizzava in particolare sui vari trattamenti subito dagli ebrei non sono solo in Italia ma in ogni parte d’Europa e del mondo. Ogni teca conteneva documenti di archivio come telegrammi da parte delle autorità, lettere spedite per assicurarsi che tutti stiano bene, dei report sulla situazione e molte foto. Mi ha fatto un effetto curioso immergermi in tutte queste testimonianze cartacee: quando figure autorevoli raccontano quello che è successo in quel triste periodo sicuramente ti fidi, ma è sempre come se ci fosse una lontanissima parte di te che dubita che l’essere umano possa essere in quel modo. Ma siccome “scripta manent”…

Aron all’interno della Sinagoga Spagnola, ovviamente coperta dal suo parochet

Mi ero attardato così tanto a leggere i vari documenti in quel museo che una visita che doveva durare all’incirca mezz’ora è invece durata 50 minuti ^^” quindi una volta fuori la fila per entrare nel museo ebraico era di una trentina di metri. Niente di preoccupante per me, abituato a file MOOOOOOLTO più lunghe (ancora ricordo le 4 ore in piedi per entrare nel Palazzo dell’Aeronautica), ma mi ha vagamente divertito vedere gente che sbuffava impaziente dopo soli 20 minuti di attesa. Una volta entrati, ci hanno consigliato di aspettare una decina di minuti per attendere la guida che ci avrebbe illustrato le bellezze della sinagoga spagnola. Dopo l’attesa ci hanno portato all’interno di una delle sale accanto al museo, dove la guida ci ha fatto prima sedere sulle panche della piccola sinagoga poi ci ha raccontato della sua genesi e della sua attuale collocazione ed arredamento, preso da tutte e 5 le precedenti “scole” (ne parlerò dopo) oltre a raccontarci alcune usanze religiose degli ebrei.

Rimonim e corone argentee del XVIII secolo

Finita la breve visita alla sinagoga spagnola mi sono potuto immergere nela museo stesso. Non ha una grande estensione (sono solo 7 sale) e per lo più sono esposti… tessuti ^^” e anche oggetti in argento, ma personalmente le cose che non mi ha fatto rimpiangere la visita sono due: la prima è l’attenta vigilanza e pulizia del posto (era un giorno da “entrata gratis”, quindi potete immaginare l’afflusso di curiosi, eppure non ho mai visto caos all’interno del museo e soprattutto non mi era difficile scorgere dei controllori che monitoravano le sale), la seconda sono i cartelli esplicativi. Chi mi ha già letto sa quanto io desideri avere dei cartelli esplicativi (ed il mio riferimento è alla visita ad Ercolano) che possano spiegarti quello che vedi. Bene, le sale del museo sono divise a seconda dell’argomento (per esempio, c’era la sala delle feste dell’anno, la sala delle cinque Scole, la sala dell’ebraismo libico) ed ognuna di esse era correlata con cartelli che spiegavano chiaramente quello che si stava vedendo dandoti anche un contesto storico. Sono sicuro che una guida avrebbe potuto spiegarmi meglio alcuni concetti più oscuri, o magari correlarmi il tutto con un discorso più fluido, ma anche senza potevo davvero fami un’idea più o meno corretta della vita degli ebrei e delle loro tradizioni culturali e religiose.

Mancava solo il tempio principale, quello immediatamente visibile non appena si arriva al quartiere/ghetto ebraico e sotto il quale si sviluppa lo stesso museo, ma ho dovuto attendere anche in quel caso, visto che la visita guidata partiva alle 13:45 ed il mio giro del museo l’avevo concluso alle 13. Ed avevo anche fame ^^” ma se fossi uscito poi avrei dovuto rifare la fila esterna per rientrare, quindi mi sono fatto forza e ho atteso. La visita al tempio principale è durata relativamente poco, il tempo di dare un’ochiata all’interno e dopo averci fatto sedere per qualche minuto sulle panche presenti averci spiegato la particolarità del doppio stile della sinagoga (assiro-babilonese all’interno con vetrate in stile liberty) e la visita è terminata.

Qualche piccola informazione/curiosità:

  1. il ghetto/quartiere ebraico nasce nel 1555 dopo la bolla “Cum nimis absurdum” di papa Paolo IV. Quest’ultimo ordinò la creazione di un ghetto nel rione Sant’Angelo (zona già ad alta concentrazione di ebrei) dotandolo di solo 2 accessi, uno per l’entrata e l’altro per l’uscita, ed obbligò gli ebrei a resiedere esclusivamente in tale ghetto, oltre a portare segni distintivi per essere riconosciuti (berretto per uomini, foulard per donne) e proibì loro di possedere beni immobili ed ogni commercio ad eccezione di stracci e vestiti. Gli ebrei fecero di necessità virtù: spostarono i loro interessi sui beni mobili per eccellenza (oro e denaro in generale) e divennero abilissimi mercanti di vestiti e tessuti.
  2. Non è il primo ghetto ebraico italiano. 40 anni prima fu fondato quello di Venezia, con regolamentazioni simili ma non stringenti come quelli applicate nello Stato della Chiesa. Oltretutto c’erano ghetti anche per altre nazionalità, come quello per i tedeschi o per i turchi.
  3. Il ghetto “originale” venne distrutto nel 1888, durante il regno d’Italia e nonostate gli ebrei fossero equiparati ai cittadini italiani, ma fu esclusivamente per… motivi sanitari. Infatti quella zona era così vicina al Tevere che durante le inondazioni in passato veniva invasa dalle acque e quindi era decisamente malsana.
  4. Il Tempio maggiore è stato inaugurato nel 1904 su un terreno comprato dalla comunità ebraica nel 1897. Il Museo è molto più recente, essendo stato inaugurato nel 1960.
  5. La religione ebraica è monoteistica, ma i riti che vengono usati invece possono variare. Esistevano infatti diverse “scole”, ovvero centri di aggregazione sia religiosa che culturale per la comunità. Infatti, oltre alla scola italiana, con le migrazioni del passato si crearono scole spagnole (Catalana, Castigliana e Siciliana) e persino scole tedesche.
  6. Per gli ebrei il matrimonio è un contratto che garantiva i diritti della donna in caso di divorzio, e per questo veniva conservato dalla madre della sposa.  Questi contratti sono creati sotto forma di tessuti con decorazioni ed immagini di donne virtuose o eroine che portavano lo stesso nome della sposa. Sempre in ambito matrimoniale, durante la celebrazione il fratello dello sposa secondo il rito doveva tenere alto un cero: questa consuetudine ha dato origine al modo di dire “reggere il moccolo”, usato quando tra due fidanzati si trova un terzo incomodo.
  7. All’ingresso del Tempio Maggiore (poco prima di entrare nel museo) siamo dovuti passare sotto un metal detector con gente armata di guardia. La cosa mi sorprese, ma poi ci spiegarono che vogliono evitare che ricapiti una tragedia come quella del 9 Ottobre 1982. In quel giorno terroristi armati approfittarono di diverse celebrazioni contemporanee all’interno del Tempio Maggiore e quindi del grande afflusso di persone (erano presenti anche diversi minorenni) ed attesero la folla in uscita dal luogo di culto, facendo fuoco. Ci furono diversi feriti ed un solo morto, un bambino di 2 anni colpito dalla scheggia di una bomba a mano.
  8. Il museo è visitabile dalla domenica al venerdì, esclusi quindi sabato e festività ebraiche, e nel prezzo è compresa la guida per visitare il Tempio maggiore. Per il tempio spagnolo bisogna prenotare a parte. Il prezzo intero è di 11 euro, che scala a seconda di gruppi, età o disablità (in questo caso è gratuito). Per ulteriori e più precise informazioni, date un’occhiata al sito

Quindi, consigliato? Direi proprio di SI. E’ un quartiere pieno di cultura (ed anche di ristoranti) che io stesso ho appena iniziato a conoscere. Quindi, se capitate per Roma e mentre passeggiate lungo il Lungotevere e vi capitasse di passarci, dategli un’opportunità.

Alla prossima!

 

A spasso per… Roma: Palazzo e Galleria Spada (pessimo gioco di luci) – parte 2

[Continua dalla parte 1 della giornata]

Eravamo abbastanza delusi per la precedente visita, quindi per cercare di migliorare la situazione abbiamo puntato su un’altro posto che volevamo visitare entrambi, ovvero Galleria Spada. E nonostante il tempo sia passato dal quasi sereno alla pioggia diverse volte lungo la strada che abbiamo percorso per raggiungere la nostra meta (senza considerare l’onnipresente polline che ormai si era infilato dappertutto nel naso, negli occhi e nella gola ^^”) alla fine l’abbiamo raggiunta. Abbiamo solo fatto una breve sosta ad una gelateria per “pranzare”, ed è stata un’ottima mossa che ha risollevato l’umore di entrambi. Il tempo di cercare di pulirci almeno gli occhi dal maledetto polline di giornata e quindi abbiamo raggiunto Palazzo Spada.

Cortile interno palazzo Spada

Il palazzo di trova in piazza Capodiferro, che deve il suo nome a… questo palazzo. Fu fatto costruire nel 1540 dal cardinale Girolamo Capodiferro ad opera dell’architetto Giulio Merisi da Caravaggio (e Giulio Mazzoni per gli stucchi della facciata) ed in questo periodo si deve la facciata esterna ed il cortile interno dell’edificio (di cui parlerò più avanti). Nel 1559 il cardinale morì, e dopo essere stato locazione di diversi ambasciatori e cardinali, nel 1632 fu acquistato dal cardinale Bernardino Spada per la cifra di 31.500 scudi, deciso a farne la sua reggia. La ristrutturazione del palazzo fu affidata a diversi architetti tra cui Francesco Borromini, che fu l’artefice sia della ristrutturazione della piazzetta antistante il palazzo sia della famosissimo colonnato prospettico. Dopo la morte del cardinale Spada il palazzo non subì modifiche se non piccole ristrutturazioni. Nel 1927 l’edificio fu acquistato dallo Stato Italiano, ed è adesso sede del Consiglio di Stato.

“Caino ed Abele” di Giovanni Lanfranco

Forse io ed A. eravamo un pò stanchi quindi non abbiamo dato il giusto riconoscimento alla facciata del palazzo, per esempio alle 8 nicchie che intervallano le 9 finestre del primo piano e contenenti statue di personaggi e leggende della storia di Roma come Romolo, Cesare ed Augusto, oppure allo stemma della famiglia Spada, ma sicuramente siamo rimasti molto colpiti dal cortile interno, contenente diversi fregi di lusso ed anche qui nicchie che ospitavano coppie della mitologia, come Giove e Giunione oppure Marte e Venere. Pensavamo che essendo la prima domenica del mese l’ingresso sarebbe stato gratuito ma non è stato così. Pagati quindi i biglietti dell’ingresso, abbiamo potuto salire le scale e godere finalmente della Galleria Spada. Divisa in 4 sale e sistemata cercando di ricordare le sistemazioni delle antiche Pinacoteche, accoglie diverse opere di pregio di artisti come Rubens, Artemisia Gentileschi, Guercino e persino Tiziano. Finita la visita abbiamo potuto vedere il famoso colonnato prospettico di Borromini, anche se forse ce la siamo un pochino rovinata (poi vi spiegherò perchè).

Galleria prospettica di Borromini (vista dal cortile)

Qualche curiosità/ informazione/ considerazione personale:

  1. Di solito non dò grande spazio ad edifici commerciali di ristorazione nei miei interventi, ma in questo caso li devo ringraziare per averci concesso una parentesi di gusto che non mi sarei aspettato. La gelateria in questione si chiama Pica Alberto (si trova qui) ed è anche snack bar e tavola calda. Noi possiamo parlare solo per la parte “gelateria artigianale” e devo dire che offrono una selezione di gusti magari non grande, ma quelli presenti sono particolari e dal gusto delizioso. A. per esempio ha assaggiato il gusto Rosa ed io quello Manna. Cavoli, ci siamo davvero leccati i baffi! Ed il personale presente è stato gentilissimo e cortese. Se vi capitasse di passare in zona e vi andasse un gelato, date loro un’opportunita.
  2. Sapevate che uno scudo papale al cambio attuale dovrebbe valere all’incirca 65 euro? Quindi il cardinale Spada doveva essere decisamente benestante, visto che per acquistare palazzo Capodiferro ha speso più di 2 milioni di euro attuali!
  3. Il colonnato prospettico di Borromini è decisamente interessante. Creato dall’architetto ma con il fondamentale aiuto nella creazione del matematico e Padre agostiniano Giovanni Maria da Bitonto utilizza le regole della prospettiva solida accelerata, una tecnica che crea uno spazio maggiore della realtà. Infatti dalla giusta distanza (come potete vedere dalla foto che ho postato) sembra una galleria di circa 25 metri e che termina con una gigantesca statua di Marte. In realtà la galleria è lunga circa 8 metri e la statua circa 60 cm! Le pareti della galleria infatti non sono parallele, ma convergenti: l’ingresso misura circa 6 metri di altezza e 3, 5 di larghezza, mentre l’uscita misura circa 2,5 di altezza ed un metro di altezza. Lo stesso cardinale Spada ne diede una spiegazione metaforica: così come le forme piccole possono sembrare grandi per via dell’illusione, così anche le cose apparentemente enormi nella vita sono in realtà insignificanti ed illusorie. Allora perchè ci siamo leggermente rovinati la sua visione? Perchè per avere bene l’idea del gioco prospettico bisogna vederla dal cortile interno subito dopo passato l’ingresso del palazzo. Noi l’abbiamo visto da una distanza troppo ravvicinata e quindi la prospettiva è stata falsata in partenza ^^”
  4. la galleria Spada, come scrivevo, è composta da 4 sale e sistemata secondo il sistema delle pinacoteche di quel periodo. Ciò ha portato a disporre i quadri in file successive su tutte le pareti ad integrazione delle sculture e del mobilio. E dal mio personale punto di vista ha portato a due effetti collaterali: ogni quadro aveva un numero sotto o accanto a sè e per capire il titolo e l’autore era necessario avere una sorta di quaderno plastificato da sfogliare che potevi prendere all’ingresso ma era molto scomodo ed in alcuni casi persino confusionario; l’altro problema era l’illuminazione: purtroppo diversi quadri, essendo attaccati l’uno all’altro, vengono “illuminati troppo” o hanno la luce molto vicino, cosa che impedisce una corretta visione dell’opera (l’illuminazione sbagliata mi ha dato particolarmente fastidio, anche perchè molte delle foto che ho fatto ai quadri sono risultate sovrailluminate). Senza parlare della vigilanza, che mi duole ammettere quel giorno era decisamente “fancazzista” e non girava per le poche sale presenti perchè intenta a giocare con il cellulare. Detto questo la mia sala preferita è stata la 3, chiamata “la galleria del cardinale”, perchè oltre ai quadri ed il mobilio di lusso erano presenti diverse opere scultoree e persino due mappamondi, uno terrestre ed uno celeste (con le costellazioni).
  5. Il palazzo Spada si trova in piazza Capodiferro 13 ed è aperto dal lunedì alla domenica dalle 8:30 alle 19:30. L’ingresso singolo intero costa 5 euro. Per maggiori informazioni vi invito a consultare il sito.

Quindi vale la pena? SI, senza dubbio. Ammetto che tra la giornata piuttosto “disastrata”, la pessima illuminazione delle sale e la disposizione dei quadri che mi dava un senso di fastidio ed oppressione (XD) a caldo avrei detto che è stata deludente quanto la visita alla Piramide. Ma una volta a casa, più tranquillo e riguardando gli scatti migliori, posso dire che ne è valsa la pena, ed il biglietto per quanto visto è stato più che onesto.

Alla prossima!

A spasso per… Roma: la Piramide Cestia (una grossa delusione) – parte 1

La giornata del 5 Maggio a Roma me lo ricorderò per 2 ragioni, una delle quali (e l’unica che posso dirvi) riguarda il meteo: è stata una giornata oserei dire “schizofrenica”. Una giornata nuvolosa, che ogni tanto faceva uscire il Sole tra le nubi per qualche minuto prima di mettersi improvvisamente a piovere e passare addirittura alla grandine, tutto questo ripetuto più volte durante la giornata. E quando non pioveva… un fortissimo vento che ha creato l’insopportabile effetto collaterale di riempire l’aria di polline. Io che non soffro di allergie trovavo difficile tenere gli occhi aperti e sentivo un non so che di granuloso sia nel naso che nella gola. Immaginate che effetto poteva fare su una persona con problemi di allergia al polline ^^”

Approfittando dell’evento organizzato dall’associazione “I gatti della Piramide” (vi lascio il sito nel caso siate di Roma, vogliate adottare uno dei gatti della colonia felina della Piramide e anche solo per leggere qualcosa sui gatti) domenica mi sono recato in Viale del Campo Boario in attesa delle 12, orario nel quale sarebbe cominciata la visita alla Piramide Cestia. E nonostante un gatto nero che mi ha permesso di accarezzarlo a lungo, la giornata rischiava seriamente di partire nel modo sbagliato: ero appena salito sul treno per Roma Termini che A. mi contattava allarmata: infatti aveva avuto problemi con la sveglia e rischiava seriamente di non venire. La mia personale “maledizione della Piramide” aveva colpito ancora: infatti la visita a questo monumento è stata fonte enorme di tribolazioni, a partire dalla prenotazione (ne parlerò dopo) e soprattutto è stato l’unico motivo di attrito tra me ed A. in tutte le uscite che abbiamo fatto (e la colpa è stata mia, ne ero quasi ossessionato ^^”). Stavo per cedere al lato “filosofico/tragico” della questione, supponendo che le divinità non volessero proprio che riuscissimo nella “impresa” quando A., in un impeto di orgoglio, ha fatto partire l’hashtag #fanculoaglidei e si è attrezzata per raggiungermi. Incredibile ma vero, ce l’ha fatta. Dopo una breve passeggiata al cimitero Acattolico lì vicino ci siamo messi in coda per visitare la Piramide pagando la piccola cifra di 3 euro.

Piramide Cestia

Volendo riassumere al massimo il perchè ci sia una piramide a Roma, si potrebbe dire che è frutto di… una moda. E’ infatti la tomba di Caio Cestio Epulone, membro dei septemviri epulones e pretore nel 44 a.C. Costruita tra il 18 ed il 12 a.C., secondo una moda che girava in quel periodo a Roma (l’Egitto divenne provincia romana nel 30 a.C. e dal quel momento la cultura egizia si diffuse nella capitale) si trovava fuori dalla città, lungo la via Ostiense. Non fu depredata del suo rivestimento esterno, prezioso marmo di Carrara, solo grazie al fatto che tra il 272 ed il 279 fu inglobata nelle mura aureliane, diventando un bastione. Molto ammirata dai turisti, soprattutto nel 600, e anche grazie a questo durante il periodo pontificio fu sotto stretta osservazione e manutenzione: nel 1656, durante il pontificato di Alessandro VII, cominciarono i primi scavi e restauri che finalmente arrivarono nella camera sepolcrale, trovandola però già svuotata dai tombaroli. Nel 18° secolo ai piedi della Piramide si cominciò a seppellire gli stranieri non cattolici a Roma: quella zona in seguito divenne l’odierno Cimitero Acattolico.

Un disegno con firma artistica

Qualche informazione/curiosità:

  1. Chi erano i septemviri epulones? Facevano parte di uno dei 4 più grandi collegi religiosi di Roma. Erano composti da 7 persone ed il collegio si occupava dell’organizzazione dei banchetti pubblici e dei giochi durante alcune festività religiosa. In pratica era come far parte di una grande associazione con il monopolio del “catering” in eventi statali. Farne parte era un grandissimo onore. E doveva anche essere molto remunerativo…
  2. … visto che effettivamente Caio Cestio era MOLTO ricco. Così ricco che poteva permettersi per tomba una piramide poco fuori Roma, ricoperto di marmi pregiati e che avrebbe ospitato, oltre alla sua spoglia mortale, anche preziosi arazzi e tappeti d’oro e di farla completare in soli 330 giorni, pena la perdita delle sue riccheze a coloro che aveva designato come eredi. (e tra gli eredi figura anche Agrippa, genero di Augusto). Si dice che ce la fecero anche con qualche giorno di anticipo, e non potendo riempirla con quanto richiesto dal defunto a causa di una legge che risaliva a Giulio Cesare misero tappeti ed arazzi in vendita e dal ricavato fecero fare due statue ai piedi della tomba.
  3. nel Medioevo la tomba di Caio Cestio assunse aspetti quasi leggendari, e venne chiamata Meta Remi, e quindi identificandola come il sepolcro di Remo, uno dei due leggendari fondatori di Roma. Anche perchè… di piramide nell’antichità ce ne erano ben due. L’altra si trovava nel quartiere di Borgo vicino alla Basilica di S.Pietro e veniva chiamata Meta Romuli ma non ebbe la stessa fortuna della “sorella”: venne infatti demolita nel 1499 da papa Alessandro VI per la creazione della via Alessandrina (attualmente non più esistente)
  4. la piramide ha un’altezza di circa 36 metri ed una base quadrata di circa 30 metri di lato. Non mi ha mai dato quest’effetto di grandezza, ma solo perchè l’attuale manto stradale è sopraelevato di molto rispetto all’antichità. La dimensione della camera funeraria è di 5,90 x 4,10 metri, di forma rettangolare, con volta a botte.
  5. ad un occhio attento, la piramide di Caio Cestio ha una punta molto più acuta rispetto alla “tradizionali” piramidi egizie. Questo è dovuto all’utilizzo del calcestruzzo, materiale di facile lavorazione, che induriva anche in acqua e che i romani riuscirono a perfezionare ad alti livelli.
  6. all’interno della camera sepolcrale ci sono i segni delle persone che passarono al suo interno (oltre ai tombaroli XD), tra cui un disegno di figure umane stilizzate ed una firma: “Giorgio Bafaia Florentino”, un pittore del 600. E’ la seconda immagine che ho postato.
  7. Sapevate che gli antichi romani chiamavano il marmo di Carrara marmor lunensis? Il marmo veniva estratto dalle cave delle Alpi Apuane veniva esportato attraverso il porto di Luni, e da qui il suo nome “archeologico”.
  8. L’ultima restaurazione fu fatta nel 2015, e riportò il bianco splendente delle sue origini. E sapete chi è stato il benefattore? Il giapponese Yuzo Yagi, titolare di una impresa (la Tsusho Ltd) che esporta prodotti tessili italiani. Il suo gesto fu talmente apprezzato che fu insignito dell’Onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana.
  9. il monumento si trova proprio di fronte alla fermata metro Piramide nel quartiere Ostiense, quindi facilmente raggiungibile. L’unico modo di visitare la Piramide è su prenotazione, con visita guidata, il terzo e il quarto sabato di ogni mese alle ore 11:00 e la terza e la quarta domenica di ogni mese sempre alle ore 11:00. Una piccola precisazione: la prenotazione va fatta solo online o per telefono ed entro tre giorni prima della visita. E’ importante, visto che ho avuto diverse discussioni al telefono per le poche informazioni che all’epoca mi diedero ^^”

Quindi, consigliato? Cavoli, stavolta è dura. E mi toccherà fare una precisazione dopo il mio personale giudizio, che è NO. Altre persone che l’avevano visitata mi avevano detto di non entusiasmarmi, che non c’era granchè al suo interno. Ed infatti, una volta superato uno stretto e basso corridoio, sono arrivato alla camera funeraria nella quale non c’era… ASSOLUTAMENTE NULLA. L’interno è completamente affrescato di bianco ed è possibile vedere chiaramente 4 figure alate sulla volta. Le altre figure sono scomparse o molto poco riconoscibili (mi è sembrato di vedere dei vasi). Ma oltre a due buchi, uno sul soffitto e uno vicino al lato opposto rispetto all’ingresso, era quasi una “comune” stanza vuota. E per me, spendere dai 5 al 7 euro per visitare 5 minuti una stanza vuota non vale per niente la pena. Detto questo… “forse” spero che ancora riceva delle visite. E’ vero che in pratica è solo un contenitore vuoto, ma è un bellissimo contenitore. Ogni volta che ci passo accanto mi suscita una grande meraviglia, e quindi anche solo mantenere l’integrità esterna sarebbe fantastico.

La visita è cominciata alle 12, si entrava in massimo dieci persone alla volta ed si sostava al suo interno per circa 7 minuti. Dopo la (almeno per me) deludente visita, io ed A. abbiamo ripreso a camminare.

[Continua]

A spasso per… Roma: palazzo (di) Firenze e palazzo della Rovere

Lo sapevate che le persiane grandi in metallo di 2 metri possono essere particolarmente difficili da spostare? E che sono una seccatura da scartavetrare, da passar sopra l’antiruggine e poi da ripitturare? Ma per la famiglia si fanno anche queste cose barbose ^^”. Ed è mentre sto passando un pennello intinto nella vernice verde scuro su una delle persiane e mi arrabbio all’ennesima setola che si stacca e si unisce alla vernice che mi raggiungono i messaggi di A., particolarmente euforica, che mi ricorda delle giornate FAI di primavera del 23 e del 24 Marzo e mi chiede se le faccio compagnia la domenica. Non ho problemi a dirle di si, nonostante il poco preavviso. Quindi, armato di panino, bottiglia d’acqua e… la piccola casa trasformabile della piccola S. che mi è stata prestata il giorno prima (chi c’era sa di cosa parlo e a cosa servisse XD) abbiamo deciso di visitare prima Palazzo (di) Firenze e quindi il palazzo della Rovere.

Sala degli Elementi – Separazione degli elementi dal Caos da parte del Demogorgone

Il palazzo (di) Firenze deve la sua costruzione a Jacopo Cardelli da Imola. Segretario Apostolico di papa Leone X, che nel 1516 comprò un appezzamento di terra nel rione Campo Marzio per poterci costruire una dimora abbastanza grande per la sua compagna, la gentildonna Antonia de Raho, ed i loro numerosi figli (ne ebbero ben 10). Il proprietario morì nel 1530, e per diverso periodo di figli, non potendolo inizialmente vendere, lo affittarono. Quando la vendita fu possibile, venne acquistato nel 1551 dal papa Giulio III del Monte, che iniziò una grande opera di ristrutturazione, affidando i lavori all’architetto Bartolomeo Ammannati, per poi donarlo al fratello Balduino Ciocchi del Monte. Alla morte di del Monte, il palazzo venne acquistato nel 1561 da Cosimo I dei Medici, Granduca di Toscana e protettore di papa Pio IV, acquisendo il nome con il quale è ricordato oggi. Tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600 diventa un centro mondano della Capitale, ma dopo ha inizio la sua decadenza. Rimane di proprietà del Medici per oltre un secolo, almeno fino all’estinzione della famiglia fiorentina. Nel 1872, dopo il passaggio nel Regno d’Italia, diviene prima sede del Ministero di Giustizia a Culti (come veniva chiamato allora il Ministero di Grazia e Giustizia) e dopo sede dell’Avvocatura di Stato. Dal 1926 è sede della società Dante Alighieri.

Allegoria dei Continenti

Io ed A. siamo arrivati verso le 09:10 e dopo circa 40 minuti (ci abbiamo messo poco, ma anche perchè siamo arrivati abbastanza presto) abbiamo potuto fare il nostro ingresso. Superato il portone, ci siamo dapprima radunati con gli altri visitatori nel cortile interno. Da lì la nostra guida ci ha guidato all’interno della struttura. Dopo una iniziale spiegazione sulla società Dante Alighieri ed aver visto alcune Divinie Commedie in lingue straniere (ne ho visto una in lettone ed un’altra in cinese), siamo passati attraverso la loggia del Primaticcio ed la Sala del Granduca, che i del Monte fecero affrescare a Prospero Fontana con immagine mitologiche ovviamente legate alla famiglia patrocinante, quindi abbiamo potuto ammirare nella Sala degli Elementi ed in quella delle Stagioni  i bellissimi affreschi che i Medici affidarono al pittore Jacopo Zucchi, della scuola del Vasari. Prima di terminare la visita abbiamo potuto dare un’occhiata al giardino e al Camerino dei Continenti.

Qualche considerazione/informazione/curiosità:

  1. il Palazzo (di) Firenze si trova in piazza di Firenze 27, in zona Roma Centro, non lontano da Piazza di Spagna. La visita generalmente è possibile solo su prenotazione, contattando la socità Dante Alighieri, il mercoledì dalle 11:00 alle 13:00.
  2. E’ uno di quei palazzi che, guardati all’esterno, non sembrano davvero attirare l’attenzione o essere particolari… ed invece all’interno nascondono delle perle davvero interessanti.
  3. Il palazzo è sede della società Dante Alighieri, una società che tra le altre cose propugna e favorisce la diffusione della lingua e cultura italiana nel mondo. Per maggiori informazioni, vi rimando al sito.
  4. Il tema delle giornate FAI di quest’anno era “Un ponte tra le culture”, ovvero come tutte le culture siano importanti per la formazione dei popoli. Infatti la descrizione dell’affresco della “Allegoria dei continenti” è stata affidata ad una giovane (ed emozionata) volontaria del FAI di origine indiana, che nonostante qualche leggerissimo inciampo dovuto all’emozione è stata all’altezza della situazione.

Dopo la visita al palazzo, io ed A. ci siamo concessi una breve passeggiata per raggiungere la nostra seconda tappa, passeggiando lungo il Lungotevere e godendoci la bellissima giornata di Sole. Dopo una breve tappa in un bar lungo il percorso (caratteristico, “fiabesco” oserei dire… ma con un conto di 5 euro per due caffè che mi ha quasi fatto venire un colpo ^^”) abbiamo seguito la gente che stava andando verso Piazza S.Pietro ed abbiamo presto individuato la fila per il Palazzo della Rovere mettendoci in fila verso le 12:15… e rimanendoci fino alle 14 circa. Ma stavolta non è stata un fila noiosa ed i “responsabili” li citerò più avanti .

Sala dei mesi – Cancro (che doveva immaginarlo che Ercole, dopo l’Idra, poteva essere un tantino irritato….)

La costruzione del palazzo risale circa al 1480 da parte dell’architetto Baccio Pontelli per il cardinale Domenico della Rovere, un vescovo di Torino che desiderava stabilirsi il più vicino possibile alla residenza pontificia. Era una struttura così rinomata che nel 1495 vi soggiornò il re di Francia Carlo VIII in occasione della sua visita a Roma. Anche dopo la morte del cardinale della Rovere il palazzo diede alloggio a personalità illustri, come il filosofo e teologo Erasmo da Rotterdam, il duca di Ferrara Alfonso d’Este ed Isabella Gonzaga. Nel 600 fu adibito all’alloggio dei Gesuiti che lavoravano come penitenzieri presso la Santa Sede (da qui il secondo “nome”, ovvero Palazzo dei Penitenzieri). In seguito la Santa Sede lo donò all’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme al termine della Seconda Guerra Mondiale.

Soffitto della sala dei semidei (non sapevo che esistessero anche gli “ittiocentauri”)

Ci hanno fatto subito entrare all’interno della “Sala del Gran Maestro”, affrescata dal Pinturicchio e dalla sua scuola, dove abbiamo avuto inizialmente una spiegazione del lavoro dell’Ordine ed abbiamo avuto modo di vedere del vestiario storico a loro legato. Quindi ci siamo spostati nella “Sala dei mesi”, che contiene frammenti di antichi affreschi riguardanti i mesi ed i miti a loro collegati che hanno dato origine ai segni zodiacali (rimanevano comprensibili solo il mese di Giugno, con Ercole che sconfigge L’Idra ed il segno del Cancro, ed il mese di Ottobre con il mito di Orione ed il segno dello Scorpione.) e quindi nella “Sala degli apostoli e dei profeti”, dove nelle varie lunette sono rappresentati appunto apostoli e profeti con dei versetti che li rappresentavano, insieme a figure di imperatori romani. L’ultima sala visitata è stata la “sala dei Semidei”, forse la più spettacolare visto il soffitto composto da sessantatre formelle dipinte su carta ed incollate su cassettoni lignei e raffiguranti varie immagini di bestiario fantastico, dai draghi ai centauri fino ad arrivare alle sfinge e a molti esseri ibridi.

Qualche informazione/curiosità:

  1. L’ingresso del Palazzo della Rovere è in via di Conciliazione 29, anche se noi per la giornata FAI siamo entrati nell’ingresso secondario di via dei Cavalalieri del S. Sepolcro 3. Anche per la visita di questo palazzo è necessaria la prenotazione.
  2. viene chiamato anche palazzo dei Penitenzieri, ed il motivo l’ho già spiegato ma… chi sono i penitenzieri? Erano sacerdoti di una certa importanza, con particolari poteri di assoluzione per casi fuori dalla competenza di un sacerdote “normale” o per casi che potevano portare a scomuniche o interdizioni. Per un quadro più preciso, vi mando alla pagina “storica” della Penitenzieria Apostolica.
  3. L’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, o più semplicemente Cavalieri del Santo Sepolcro, sono un ordine cavalleresco cattolico che adesso ha per lo più forma di associazione di fedeli della religione cattolica a cui la Santa Sede ha concessi caratteri giuridici, canonici e civili. Ha ovviamente perso il carattere guerriero e bellicoso delle origini, e adesso è la sola associazione laica incaricata a sostenere attività ed iniziative a favore della presenza cristiana in Terra Santa. Infatti a fine visita hanno chiesto ai visitatori anche loro un contributo volontario per alcune iniziative in corso d’opera. Per altre informazioni, vi lascio al sito.
  4. Quando ho fatto delle ricerche su internet per l’argomento, ho scoperto che tecnicamente non tutto il palazzo è gestito dai Cavalieri del Santo Sepolcro. Un piano dovrebbe appartenere ad un hotel.
  5. Il “segreto” per le visite organizzate dal FAI è di sceglierne 2 tra le (di solito) 5 offerte e di cominciare con la visita che si vuole fare più di tutte. Anche perchè la seconda scelta di solito porta a delle file particolarmente lunghe ^^” e quindi quando siamo arrivati a Palazzo della Rovere eravamo mentalmente pronti. Ma stavolta il fato ci è stato benevolo, e non solo per una fila di “solo” due ore, ma anche per la simpatica coppia che si trovava subito dietro di noi, F. e T., che curiosamente avevano fatto il nostro stesso itinerario. Due persone che forse fisicamente si potevano considerare anziane, ma di animo e spirito così giovanile che sono stati una boccata d’aria fresca in una giornata insolitamente calda. Simpatici, gentili, educati, pronti alla chiacchiera e alla battuta, che non ci hanno fatto pesare per niente la fila. Dopo la visita ci hanno persino offerto un caffè e fatto conoscere una piccola chiesetta nei dintorni. A. era particolarmente felice di stare con loro, ed io guardandoli ho placato un’antica paura del futuro che mi riguarda: non ho avuto buoni esempi su “vecchiaia e voglia di fare” e quindi, forse anche a causa della presenza di mia nonna in casa e della sua “immobilità” fisica e mentale, temevo che a lungo andare mi sarebbe passata la voglia di esplorare, scoprire, “indagare”. Forse loro sono un caso più unico che raro, ma mi hanno risollevato lo spirito. E non me ne vogliano i palazzi e tutti gli artisti che li hanno abbelliti… ma mi azzardo a dire che la coppia di “inossidabili esploratori senza età” sono stati la cosa più interessante della giornata. Un enorme ringraziamento da parte mia ^^

Torniamo sui binari ed arriviamo all’ultima domanda: ne è valsa la pena? La risposta è SI, anche se devo ammettere che la visita al palazzo della Rovere è stata un pò troppo “marchettara” (nel senso che l’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro si è pubblicizzato “un pò troppo”, inizialmente facendo all’inizio del percorso una storia dell’ordine e alla fine chiedendo anche loro dei “contributi volontari”). Ma non è stato qualcosa di pesante, dopotutto entrambi i palazzi erano proprietà private. E comunque hanno cercato di mantenere le opere al loro interno le più integre possibili.

Alla prossima!

A spasso per… la Campania: gli scavi di Ercolano (senza cartelli)

L’unica cosa positiva dello scorso lunedì (una giornata che definire “balorda” è poco… diciamo “incomprensibile”) è stato un messaggio su Whatsapp da parte di A., che mi mandava un link nel quale mi informava che gli scavi di Ercolano sarebbero stati gratuiti il 10 Marzo (nonostante non sia la prima domenica del mese). La cosa mi aveva interessato, ma non pensavo di parteciparvi per due ragioni: la prima riguardava il lunedì (…) e la seconda il fatto che NESSUNO mi avrebbe accompagnato, nemmeno la stessa A. che mi aveva informato (non sta bene fisicamente ed aveva già dovuto farsi forza per un matrimonio al Nord). Ma la faccenda del lunedì esplose come una bolla di sapone, non lasciando nulla se non il tempo perso (…) e la stessa A. ritorna sull’argomento qualche giorno dopo, dicendomi che si stava riposando proprio per tentare l’uscita. Quindi da parte mia le difficoltà sono state prendere la mia auto e prepararmi al fatto di dover guidare, tra andata e ritorno, la bellezza di 6 e passa ore (e SPOILER! mi hanno distrutto per la tensione XD) anche se era necessario per garantire ad A. meno sforzi possibili… e la seconda è stato svegliarmi alle 05:30 la domenica ^^”

Ma alla fine, dopo essere partito da casa di A. verso le 07:30, e dopo 3 ore di viaggio in autostrada (con A. che mi ha “risparmiato” 50 km…. anche se ho dovuto insistere “per lei”) abbiamo raggiunto la città di Ercolano, dove ci avrebbe raggiunto anche C., la nostra compagna di viaggio quando visitammo Napoli per un giorno. Il tempo (infinito data la nostra stanchezza) di parcheggiare lì vicino agli scavi e finalmente abbiamo potuto visitare la nostra meta.

Panoramica scavi di Ercolano

Le leggende narrano che Ercolano debba il nome al suo leggendario fondatore Ercole, ma più probabilmente dagli Osci nel XII sec. a.C. Finì sotto il controllo prima dei Greci, poi dei Sanniti ed infine dei Romani, che la trasformarono in un centro di villeggiatura tanto che venne considerato piùun sobborgo della vicina Neapolis. Il tribuno Marco Nonio Balbo contribuì durante l’età augustea a darle un grande splendore con la costruzione di Terme, acquedotto e di una basilica. La città subì prima un violento terremoto nel 62 d.C., quindi con la famosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C. (che distrusse anche Pompei, Oplonti e Stabia) la città evitò la pioggia di cenerì e lapilli grazie alla direzione del vento ma non la colata piroclastica formata da acqua, fango, pomice e gas ad altissima temperatura, che scese dal vulcano ad una velocità di circa 100 km/h e ricoprì la città per un’altezza di 15 metri. E dopo questo terribile evento, la città cessò praticamente di esistere, sparendo quasi del tutto persino dai ricordi, e al suo posto fiene fondata in seguito la città di Resina. E si arriva al 1709, quando un contadino mentre cerca di ampliare un pozzo del suo terreno scopre dei marmi pregiati. La notizia raggiunge le orecchie di un artigiano che lavorava per il principe Emanuele Maurizio d’Elbeuf, che compra il terreno dei ritrovamenti e comincia un primo scavo della zona, portando alla luce diversi reperti che vanno ad abbellire il palazzo del principe ed in seguito anche la villa di Portici del re Carlo di Borbone, che tramite il suo funzionario Rocque Jaoquin de Alcubierre dapprima compirà diversi scavi e quindi farà una prima mappatura dell’antica città. L’interesse per l’antica Ercolano scemò momentaneamente intorno al 1780, quando il ritrovamento di Pompei attirò l’attenzione e le risorse anche grazie al fatto che era più facile da riportare alla luce e che erano presenti più reperti.  I lavori ripresero nel 1828 con Francesco I delle due Sicilie, passando da scavi tramite cunicoli a quelli a cielo aperto. Per avere l’attuale luogo degli scavi bisogna aspettare il 1942. Dal 1997 gli scavi di Ercolano entrano a far parte della lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco.

Uno scorcio dell’interno di Ercolano

Prima di raggiungere fisicamente gli scavi siamo transitati in una struttura che oltre alla biglietteria e al deposito bagagli ed abiti conteneva delle statuette di bronzo, replica delle originale statue scoperte all’interno della Villa dei Papiri (zona che purtroppo non è stato possibile visitare). Poi siamo potuti entrare nella zona degli scavi, una specie di isolotto di circa 4 ettari unito alla terraferma da un ponte di ferro. Ed una volta dentro abbiamo potuto cominciare la visita. Si è cominciato camminando lungo le varie vie della città, divise in “insulae”, ed entrando nelle varie case era possibile vederne la disposizione degli spazi e magari anche qualche affresco sui muri (ma riguardo alle case, rimando ad un punto delle “curiosità”). Essendo una città che nell’ultimo periodo della sua vita si era trasformata in un luogo di villeggiatura ci sono diverse case nobiliari, ma non mancano negozi commerciali (come la “casa del piombaio”) ed anche edifici pubblici come La basilica noniana (che però era chiusa), diverse terme ed un ampia piazza vicine alle terme Suburbane dedicata al benefattore della città Marco Nonio Balbo, con tanto di altare funerario e statua che lo raffigura in armatura. E’ stata una giornata allegra (la compagnia era quella giusta) ed istruttiva (anche se non al livello che avrei voluto). L’unico momento nel quale è calata una profonda serietà mista ad una qualcosa simile al disgusto è quando siamo arrivati nella zona dove erano esposti i resti scheletrici di alcuni abitanti. Ci è parso… di cattivo gusto. Sbagliato.

Altare funerario e statua di Marco Nonio Balbo

Qualche piccola curiosità/informazione:

  1. gli scavi hanno riportato alla luce 4 dei 20 ettari dell’antica Ercolano. Per gli altri ettari si è impossibilitati a causa della presenza dell’attuale Ercolano. In compenso si stanno continuando gli scavi per riportare completamente alla luce la Basilica Noniana, la Villa dei Papiri ed il teatro
  2. la colata piroclastica che ha seppellito Ercolano è diventata una fanghiglia capace di insinuarsi dappertutto, impedendo a materiali come il legno e la stoffa di decomporsi ma carbonizzandoli evitando loro la distruzione. Con gli anni questa fanghiglia si è solidificata diventando una specie di tufo chiamato pappamonte
  3. l’indirizzo è Corso Resina, e l’orario di apertura è tutti i giorni dalle 8:30 fino alle 19:30 (da Aprile ad Ottobre) o alle 15:30 (da Novembre a Marzo). L’entrata è gratuita (finchè rimarrà) durante le prime domeniche del mese.
  4. l’ingresso agli scavi costa 11 euro (ridotto 5,50). E possibilie usufruire di un parcheggio vicino agli scavi ma è a pagamento (2 euro all’ora o frazione) e non è custodito, anche se rimane comunque la scelta migliore dove lasciare la macchina. E’ possibile prenotare una guida (che è un’ottima scelta, anche per ragioni che vi spiegherò dopo) o affittare una guida elettronica, in varie lingue, al prezzo (se non ricordo male) di 8,50 euro.
  5. Ed ora il punto che da in parte anche il titolo all’intervento, ovvero la quasi totale mancanza di cartelli esplicativi lungo gli scavi. Magari è stato solo una fatalità dovuta esclusivamente al periodo in cui li abbiamo visitati, ma mi ha innervosito moltissimo leggere i nomi delle varie domus e non capirci granchè. Perchè quella si chiamava Casa dello scheletro? Aggiungete a questo il fatto che quasi tutti i reperti sono stati spostati in vari musei, per proteggerli e preservarli nel modo migliore possibile, e quindi a parte qualche eccezione le case non avevano niente di caratteristico e si somigliavano tantissimo tra loro. Credo che la spiegazione sia legata alle guide, visto che OVVIAMENTE se ti pagano è meglio. Ma io sono dell’idea che un cartello un minimo esplicativo non possa sostituire una guida preparata. Il cartello deve darti un’idea di quello che vedi, una guida deve farti “vivere” l’epoca antica di cui vedi solo i resti secoli dopo.

Quindi, consigliato? SI, a patto però che sia una bella giornata di Sole e che sia parte di un giro di diversi giorni nelle vicinanze. Il fatto che il giro si possa compiere in 2 – 3 ore la rende perfetta per una mattinata, ma il fatto di essere in parte spoglia e non altrettanto “spettacolare” come la più famosa Pompei non la fa risaltare più di altre meraviglie nelle vicinanze. Ma questa, ovviamente, è la mia opinione.

Alla prossima!

A spasso per…. Roma: Mausoleo di Cecilia Metella e palazzo Caetani (un insospettabile intrigo celato in una tomba)

Ammetto che questa uscita è stata anomala. Ovviamente il mio “spirito da vagabondo” si stava facendo sentire con insistenza da giorni, ma credo di essermi incamminato questa domenica solo perchè ero arrivato al limite. Di cosa di preciso non lo so con certezza. Credo fosse un misto di insoddisfazione personale, di pressioni esterne sempre più insistenti… e suppongo anche di una specie di generico “mal di vivere” che si è insinuato in me da qualche mese. Non era il caso di starsene a casa la domenica. Quindi, con una brevissima preparazione ed approfittando delle giornate di Sole che sono riuscite a togliere (quasi) tutto il fangume sul primo tratto del percorso dell’Appia antica, sono partito per una generica camminata senza pensieri.

La visita che sto per raccontarvi non era infatti voluta, anzi mi stavo concentrato nella prima parte su come resistere al vento che mi arrivava tutto sul petto e sulla gola e nella seconda a trovare un modo per sorpassare i giganteschi alberi che si erano abbattuti al suolo a causa delle forti raffiche di vento cominciate due giorni prima. Ma una volta arrivato al Mausoleo di Cecilia Metella si erano fatte le 11:30, e quando ho chiesto il prezzo del biglietto mi è stato persino detto che se aspettavo una mezz’oretta avrei avuto anche una visita guidata allo stesso prezzo. Il fatto che proprio fuori ci fosse una gatta tigrata che si lasciava accarezzare ha dato il colpo di grazia alle mie esitazioni XD

Mausoleo di Cecilia Metella e palazzo Caetani

Stavolta mi dovrò concentrare un pò di più sulla storia, anche perchè visivamente la location non offre da sola grandi spunti ^^” Della persona per la quale è stato creato il mausoleo, Cecilia Metella, si sa davvero poco se non la sua genealogia: faceva parte della ricchissima famiglia dei Cecilii Metelli e dalla targa in marmo con iscrizione sappiamo che era figlia di Quinto Cecilio Metello Cretico (un generale che ebbe gli onori del trionfo per essere riuscito a sottomettere l’isola di Creta) e moglie di un Crasso, che molti pensano essere il figlio del famoso Marco Licinio Crasso, membro del “primo triumvirato” insieme a Pompeo e Giulio Cesare. Edificato tra il 30 ed il 20 d.C. lungo la “regina viarum” (la strada consolare dell’Appia antica) non tanto per ricordare la defunta quanto come sfoggio della grandezza della famiglia a cui apparteneva (è il mausoleo più grande dell’Appia antica), deve la sua sopravvivenza al fatto di essere in una posizione strategica e di essere stata utilizzata nel medioevo come torre di difesa/di avvistamento. Divenuto di proprietà della Chiesa, si sa che un rappresentante dei conti di Tuscolo, proprietari delle terre limitrofe, la usò nell’ambito di un fortificazione di quel tratto dell’Appia… che portò anche al declino, visti gli esosi tributi richiesti per il passaggio. Con la decadenza della famiglia tuscolana, nella seconda metà del ‘200 il papa Gregorio VIII, capendo l’importanza del posto, fece di tutto per riottenerlo per poi donarlo a Francesco Caetani, della sua stessa famiglia. Il castrum costruito inglobando il mausoleo sicuramente terminò nel 1302, anno in cui fu consacrata la chiesa di S. Nicola all’interno del complesso e tutt’ora presente. Poi, di seguito, il controllo passò ai Savelli, ai Colonna (che per ironia della sorte erano i peggiori avversari dei Caetani) e agli Orsini, che pur mantenendone la proprietà la lascio in stato di abbandono, tanto che il Senato Romano nel 1589 decise di radere quasi al suolo la fortificazione per evitare che diventasse luogo di accampamento per banditi.

“CAECILIAE Q(UINTI) CRETICI F(ILIAE) METELLAE CRASSI” (“A Cecilia Metella, figlia di Quinto Cretico (e moglie) di Crasso”)

Il monumento funerario è in pratica una grande tomba a tumulo, composta da un basamento in calcestruzzo e da un corpo conico di altezza 11 m e diametro 29,5 m. Inizialmente rivestito di travertino, questi venni espropriati in età rinascimentale. L’edificio nell’antichità terminava con un tumolo di terra ed era ricoperto di vegetazione. All’esterno sono ancora presenti dei fregi, riguardanti delle decorazioni floreali intervallate da scheletri di teste di bue (che danno alla zona il nome “Capo di Bove”) e un’altra decorazione di cui parlerò dopo nelle curiosità. Si entra all’interno del mausoleo attraverso un corridoio stretto e coperto a volta e si raggiunge la cella principale, anch’essa conica tendente a stringersi verso l’alto e coperta di mattoni e con residui quasi del tutto scomparsi di decorazioni a stucchi.

Interno palazzo Caetani

Quello che è antistante il mausoleo è il “palatium”, una costruzione di 3 piani della quale si possono riconoscere stanze, porte, finestre e persino i camminamenti esterni. Le finestre del primo piano che danno sulla via sono di tipo biforo, ed infatti sono del ‘900 realizzate dall’architetto Munoz sul calco delle finestre del palazzo Caetani a Ninfa. Quando l’ho visitato io era anche sede di una mostra scultorea di un’artista messicana.

All’interno della fortificazione ma staccato rispetto al palazzo principale (una tradizione dell’epoca) si trova la chiesa di S. Nicola. Della costruzione è rimasta solo la struttura esterna con l’abside ma senza copertura. Ha una certa importanza, in quanto uno dei rari esempi di architettura gotica in Italia.

Chiesa di S. Nicola

Ora, qualche informazione/curiosità:

1)Sapevate che tutte le donne della famiglia dei Cecilii Metelli avevano lo stesso nome? Per differenziarle si usava il cognome del padre declinato al femminile

2)La gentilissima guida mi ha raccontato un fatto molto curioso riguardante il mausoleo. Si dice che fu fatto costruire da Marco Licinio Crasso, nipote del più famoso omonimo, non solo per dimostrare la potenza ed il prestigio della famiglia ma anche come… atto di accusa verso il potere ^^” Di solito l’iscrizione della tomba doveva essere ben visibile, eppure in questo caso è “stranamente” un pò troppo in alto rispetto al solito. Curiosamente è poco sotto una parte del fregio, quella decorazione che ho citato in precedenza, rappresentante una figura barbarica in mezzo a due scudi. Le decorazioni sono interessanti: richiamano motivi dell’est Europa, e non sono un caso. Marco Licinio Crasso infatti aveva sconfitto il popolo dei Mesi, situati a sud del Danubio, ed era riuscito persino a sconfiggere in singolar tenzone il re dei Bastarni, quindi meritava di ricevere le “spolie opime”, ovvero l’armatura e le armi del comandante sconfitto, che dovevano essere offerte nel tempio di Giove Feretrio sul Campidoglio e che donavano a chi le conquistava una grandissima fama. Bene, Ottaviano Augusto non solo rifiutò la sua richiesta dicendo che Crasso non era un comandante in campo ma solo un generale al servizio dell’imperatore, ma anche il titolo che gli spettava di “Imperator” e gli concesse il “trionfo” solo 3 anni dopo. Diciamo che aveva dei buoni motivi per essere arrabbiato, e il fatto che la targa si trovi proprio sotto quella decorazione forse era fatto apposta per ricordare l’evento che… non fu adeguatamente celebrato.

3)Il mausoleo rischiò moltissimo di sparire… in un periodo di relativa pace. Nel ‘600 papa Urbano VIII diede il permesso a Bernini di demolirlo per prenderne i marmi ed usarli per terminare la costruzione della Fontana di Trevi. Insomma, quello che è stato fatto a Villa Adriana per terminare la costruzione di villa d’Este. Ma stavolta il popolo protestò talmente tanto che Bernini fu costretto a desistere.

4)I Caetani erano una famiglia molto potente ed in espansione. Avevano numerosi possedimenti nel sud Italia, ed anche i territori di Sermoneta e di Ninfa. Si, lo stesso dei famosi giardini.

5)il costo del biglietto è di 5 euro, e nel biglietto è compreso non solo il mausoleo, ma anche Capo di Bove e Villa dei Quintili. Un prezzo più che onesto.

Quindi consigliato? SI… ma solo se ci si ritrova a passare da quelle parti. Se state passeggiando sull’Appia antica, magari per godere di una bella giornata di Sole, fermarsi a vederla può essere una buona idea. Ma solo con una guida, perchè senza è una visita un pò troppo veloce ^^” in caso contrario la visita dura almeno 30 minuti, allungabile nel caso si facciano domande.

Alla prossima!

A spasso per…Roma: cisterne Eleniane (antiche e moderne) ed il Palazzo dell’Aeronautica

Domenica 14 Ottobre è stata la seconda delle giornate autunnali del FAI, e come ogni volta ho risposto “Presente!” all’appello. 5 diverse opzioni, due delle quali a Roma Termini (di una delle quali mi pentirò di aver saltato) e la possibilità di visitare il maestoso palazzo dell’Aeronautica. Ma la mattinata non era partita nel migliore dei modi ^^”

La sera prima, mentre ero fuori con gli amici a giocare a minigolf (un onorevole 2° posto su 6 ed un +16 sul taccuino… mentre G. che non aveva mai giocato in vita sua stravince con un +9) mi metto a controllare sul mio telefonino per vedere gli orari dei treni, e leggo che per Roma termini ce ne è uno alle 08:27. Il giorno dopo mi sveglio per tempo (anzi persino un pò prima per fare le cose con calma), mi preparo la borsa “da avventura” con un panino insalata e prosciutto, una bottiglia d’acqua da due litri, la mia power bank (mai uscire senza se fai foto con lo smartphone e magari quello stesso smatphone lo usi anche per orientarti per Roma ^^”) ed un pacchetto di fazzoletti.. e via verso la vicina stazione. Arrivo con circa 10 minuti di anticipo ma c’è un piccolissimo problema: l’orario della sera prima non coincide con nessuno treno, ed il prossimo treno per Roma ci sarebbe stato alle 09:59! Mi concedo qualche minuto per chiedermi se hanno eliminato il treno quella mattina o se io la sera prima avessi sognato (più probabile) e quindi chiamo a casa per sapere se eventualmente mio padre può accompagnarmi. Nessuno risponde, quindi per espiare con me stesso mi concedo un’impresa riparativa: riprendo a camminare, avviandomi stavolta alla stazione di Ciampino e riuscendo ad arrivarci alle 09:10 e quindi salendo sul treno per Roma delle 09:16. Insomma, sono arrivato alla meta mezz’ora dopo ma niente era perduto XD

Palazzo ACEA

La mia prima fermata è stata la sede attuale degli uffici Acea in via Eleniana, accanto a Porta Maggiore. La fila in sè non è stata lunga (poco più di un’oretta… lo so, sembra strano detta così ma fidatevi) ed è stata una visita divisa in due parti. La prima parte è stata all’interno dell’edificio stesso, che scopriamo dalla guida essere stato ideata dall’architetto Raffaele de Vico, uno dei più famosi a cavallo tra gli anni 20 e 30 ed esponente dell’ ambientismo, ovvero della corrente che tendeva a considerare ognuna struttura per essere armonizzata con l’ambiente ed il paesaggio che aveva intorno (cosa riscontrabile osservando la facciata). Dopo una brevissima spiegazione storica la guida si è concentrata più sulle 4 enormi cisterne presenti all’interno dell’edificio, capaci di contenere ognuna 500000 litri d’acqua, e sul sistema di pompaggio che permette all’acqua di essere usufruibile da tutti. Quindi siamo usciti dall’edificio, abbiamo attraversato la strada e si entrati in quello che rimane di una grande cisterna di età romana, testimonianza di un complesso termale ad uso pubblico (probabilmente) restaurato all’inizio del sec. IV d.C per volere della Imperatrice Elena, la madre di Costantino.

Quindi, mi è piaciuto? NO…n proprio, e forse la presenza di una unica foto a riguardo poteva essere un indizio. Nulla da dire alla nostra guida, gentilissima e simpatica come tutti i volontari del FAI fuori dal palazzo, ma all’interno dell’edificio non era possibile fare alcuna foto (ho anche dovuto insistere per fotografare il cartello esplicativo del FAI che avevano usato per fare il minimo accenno storico) e sinceramente la parte più storica mi ha fatto lo stesso effetto (ma in misura maggiore) della mia visita alla Domus Aurea: senza guida non è possibile trovare granchè di interessante. Adoro e sono avido di spiegazioni da gente preparata, ma anche l’occhio vuole la sua parte ^^” Ma questa visita aveva a che fare con il tema dell’acqua, filo conduttore di quasi tutte le visite autunnali FAI in tutte le città d’Italia, sul suo valore ed utilizzo corretto, quindi non mi lamento.

Palazzo dell’Aeronautica

La seconda tappa era quella che mi interessava di più, ma mi sono dimenticato completamente di una delle poche regole fondamentali quando ci sono diverse cose da visitare ed il tempo non è infinito: prima si fa la fila sulla cosa che si vuole assolutamente vedere, poi sulle altre. Ed infatti ho seriamente rischiato di non riuscire ad entrare nel palazzo dell’Aeronatica ^^” ma la mia pazienza è stata premiata: ho dovuto “solo” aspettare in fila circa 4 ore…. in parte per le centinaia di persone presenti in fila per vederlo (con una piccola considerazione a riguardo che scriverò dopo), in parte perchè essendo una struttura militare ci sono stati diversi controlli all’entrata, inizialmente controllandoci i documenti e alla fine passando sotto un metal detector.

Ministro dell’Aeronautica del Regno d’Italia e Governatore della Libia Italo Balbo, detto “pizzo di ferro”

La creazione di questo maestoso palazzo la si deve ad Italo Balbo, fedelissimo di Mussolini e ministro dell’aeronatica. Nell’idea del committente, doveva essere un esempio all’avanguardia per ogni futura costruzione, sia nella realizzazione che nelle future dotazioni. Il progetto fu affidato ad un allora sconosciuto ingegnere Roberto Marino, di soli 28 anni, che realizzò (sotto diretto e costante controllo di Balbo) una struttura massiccia, solida, che copre all’incirca uno spazio di 8000 mq, una delle prime in Italia completamente in cemento armato e materiali presenti su suolo italico.

La nostra guida dapprima ci ha accompagnato all’ingresso principale (ci hanno fatto entrare da uno laterale situato su via dell’Università) e quindi ci ha fatto passare sotto dei colonnati sui quali sono stato incise su marmo di travertino sulle facciate principali i nomi di tutti coloro che hanno perso la vita in attività di volo, dal 1907 fino ad oggi (se non ricordo male, gli ultimi nomi risalgono al 2014). Quindi prima di cominciare il giro vero e proprio ci hanno portato in un specie di sala conferenze dove del personale militare ci ha fatto vedere un filmato sul ruolo dell’Aeronatica ai giorni d’oggi. Poi è cominciata la visita vera e propria. Mentre salivamo lo Scalone dell’Onore mi ha incuriosito non poco lo stile massiccio eppure semplice della struttura, refrattaria a (quasi) qualunque decorazione. E la cosa è proseguita in un certo senso anche nelle sale Italia, Europa e delle cartine, sebbene stavolta sui muri erano presenti delle meravigliose e dettagliate pitture a tempera di cartine geografiche (che la guida ci ha assicurato che all’epoca erano di immediata utilità, visto che venivano usate in caso di dubbi su una locazione): tutta la mobilia rimanda ad uno stile che cerca l’essenzialità, non erano presenti tende a nessuna finestra e le stesse avevano delle vetrate con pochi colori e quasi senza disegni. Forse gli unici “vezzi”, se così possiamo chiamarli, erano nei piccoli dettagli tutti tipicamente legati volo, tipo le maniglie delle porte le cui forme richiamavano ali stilizzate. Ovviamente per l’occasione erano presenti diverse vetrine da esposizione, contenenti oggetti legati alla numismatica, piccole riproduzioni di aerei in vari anni e lettere e documenti di personaggi di spicco dell’epoca legati sempre all’ambito aeronautico. Abbiamo fatto una breve visita anche ad un zona meno “nobile” del Palazzo, quello legato all’ambito truppa/sottufficiali e personale civile, scoprendo l’unica eccezione al rigore del palazzo nella zona mensa, con la presenza di due affreschi murali del maestro Marcello Dudovich.

cartina di Italia, Europa ed Africa

Qualche piccolo aneddoto/curiosità:

  • I lavori del palazzo dell’Aeronautica iniziarono il 2 Agosto del 1929 e la struttura fu inaugurata ufficialmente il 28 Ottobre del 1931. Una struttura del genere completata in soli 26 mesi è sorprendente, anche se c’è da considerare che in alcuni periodi i lavori vennero compiuti con 3 turni giornalieri da 8 ore. E la data di fine lavori non è casuale: rappresenta il 9° anniversario della Marcia su Roma.
  • gli splendidi disegni delle cartine geografiche sui muri delle 3 sale citate non sono affreschi, bensì pitture a tempera: più veloci da disegnare (forse anche per terminare l’inaugurazione in tempo) ma facile anche al decadimento e quindi sono soggetti ad un continuo lavoro di restauro.
  • Alcune cartine rievocano due imprese compiute da Italo Balbo e dai suoi uomini, ovvero la crociera aerea transatlantica Italia-Brasile (da Orbetello a Rio de Janeiro in formazione) e la crociera aerea del Decennnale, con arrivo a Chicago.
  • la struttura era all’avanguardia per l’epoca, così come nelle intenzioni di Balbo doveva essere anche la giovane Aeronautica regia. Le grandi sale venivano da una esperienza del ministro in America, dove aveva constatato l’efficacia del modello “open space” (e permetteva allo stesso ministro un più facile controllo del personale), per lo spostamento tra i piani si utilizzava un ascensore “a paternoster” ed era in uso nella struttura persino un sistema di posta veloce idraulica e di distribuzione automatica di dentifricio.
  • Marcello Dudovich…chi? Non avevo la più pallida idea di chi fosse, e come me tutti del mio gruppo. La nostra guida ci ha spiegato che è stato un artista e pubblicitario, padre del “cartellonismo pubblicitario”. Quando sono andato a cercarlo su internet, mi sono reso conto che le sue opere in effetti le avevo già viste. Il suo stile è inconfondibile. Qui un esempio.
  • sull’ambito foto ammetto di aver sorriso, quando mi è stato detto che si potevano fare tutte le foto che si volevano ma solo ad uso personale e senza pubblicarle sui social, mentre all’ACEA sembrava di essere alla CIA ^^” per questo due delle 3 foto ce ho postato sono vedute all’esterno del palazzo e solo una dell’interno, facilmente sostituibile in caso se la prendano. Ma non definirei affatto il mio blog “social” XD

Mi è piaciuto? SI, nonostante come già detto tutto apparisse molto semplice, sintetico. Ma credo che seguire bene un determinato stile non sia una cosa sbagliata, e poi le cartine erano molto belle e tutto appariva “pulito”, oltre che maestoso. Consiglio decisamente una visita. Di solito è chiuso, ma non capitano di rado momenti in cui l’Aeronautica per celebrazioni particolari la apra al pubblico.

Lascio solo una ultima considerazione legata alla giornata, che non c’entra nulla con quanto visitato ma bensì con le persone che lo visitano. Era possibile vedere 5 cose a Roma, quindi consapevole che non mi sarebbe stato possibile vederle tutte (il “gratis” attira” un sacco) mi sono concentrato su 2. Quando sono arrivato alla fila dei non iscritti al FAI per visitare il palazzo dell’Aeronautica erano più o meno le 13 ed era non solo lunghissima, ma addirittura la stavano chiudendo perchè non potevano più garantire alle persone la visita. Io ero consapevole di ciò, ma ero preparato a dover aspettare diverse ore e soprattutto ho letto bene su internet le “istruzioni d’uso” del FAI, dove c’era scritto che le visite terminavano alle ore 18, che le persone sarebbero entrate fino alle 17 e che, in caso di necessità, i volontari FAI avrebbero potuto ridurre i tempi di entrata. Dico questo perchè mi è dispiaciuto vedere persone volenterose che prima si dispiacevano di dover dire all’inizio alle persone che la fila era chiusa, poi verso le 16 sono state travolte da una folla rancorosa che COMUNQUE voleva vedere il palazzo e non ascoltava alcuna spiegazione da parte degli addetti agli ingressi, tanto da riuscire a far riaprire la fila. A me è sembrato molto poco educato nei confronti dei volontari, perchè non solo sono stati chiari sulle tempistiche ma avevano anche le mani legate, visto che si dovevano anche mettere d’accordo con i militari presenti nella struttura. E sapete quale è la cosa buffa? Io ho fatto parte dell’ultimo gruppo che è riuscito ad entrare ^^” quindi da una parte tiro un sospiro di sollievo, dall’altra mi domando come avranno reagito gli altri in fila dietro di me…. che in fila non dovevano esserci affatto!

Alla prossima!

A spasso per… il Lazio: Tivoli – Villa Adriana (il posto dove riposava il “viaggiatore”)

Devo ammettere che il fatto che stiano discutendo l’abolizione delle “prima domeniche del mese ai musei gratis” mi mette un pò in allarme e sicuramente non mi fa sentire contento, considerando che a causa dei miei scarsi fondi non posso permettermi molti posti a pagamento, e sicuramente non nella maniera da soddisfare il mio animo curioso e da vagabondo. Ci sono sicuramente per il Governo aspetti da considerare e scelte da fare, quindi la mia è solo una piccola lamentela personale per il momento ^^”

Grazie/ per colpa di questo terribile “spettro incombente” che aleggava su di me dicendo che almeno per l’estate le prime domeniche gratuite sarebbero rimaste mi sono sbrigato ad organizzarmi per andare a vedere l’ultima villa di Tivoli rimasta da scoprire, ovvero Villa Adriana. Come sempre ho cercato di coinvolgere più persone possibili, ma OVVIAMENTE non ho trovato nessuno. A parte persone che davvero vorrebbero ma non possono, ormai mi sta passando anche la voglia di chiedere ^^” una controllata al meteo il giorno prima (bel tempo fino a dopo pranzo, poi pioggia) e quindi domenica sono partito all’esplorazione.

Un plastico/ricostruzione dell’antica Villa Adriana

Voluta dall’imperatore Adriano, i lavori per la sua costruzione iniziarono nel 117 d.C. sulla base di un edificio preesistente appartenuto forse alla moglie Vibia Sabinia. La posizione d’altronde era ottimale: distante solo 28 km da Roma sui monti Tiburtini, era raggiungibile tramite la via Prenestina, la via TIburtina o navigando lungo il fiume Aniene, inoltre era un’area ricca d’acqua e ci passavano 4 degli acquedotti che servivano la stessa Roma. L’imperatore potè effettivamente godere della sua villa solo a partire dal 134 d.C., anno di fine dei lavori principali, e quindi solo per pochi anni visto che morì nel 138 d.C. a Baia, in provincia di Napoli. Dopo la morte di Adriano, la villa inizialmente venne utilizzata, quindi progressivamente abbandonata e alla fine si trasformò in una cava di materiali pregiati come marmo e decorazioni e quindi in un terreno agricolo. Venne riscoperta e visitata intorno al 1460 da papa Pio II Piccolimini, e ciò portò sia ad un nuovo interesse di carattere umanistico…. sia purtroppo predatorio: statue e marmi venne disseppelliti e trafugati, sparendo sia nei musei di mezza Europa o in collezioni private. Nel 1870 lo Stato Italiano comprò il terreno della villa dalla famiglia Braschi e cominciò un serio lavoro di scavo e restauro.

Teatro Marittimo

Nelle intenzioni dell’imperatore Adriano, la villa sarebbe dovuto essere una piccola città, autosufficiente per consentirgli di essere lontano da Roma ma sufficientemente vicina da intervenire in modo celere. Ed infatti è questo che si nota: una grandissima estensione, tanto che si cammina un pò prima di raggiungere il “vero” ingresso alla villa, ed una volta arrivato è possibile immediatamente scorgere la distesa verdeggiante del Pecile con la sua enorme vasca, e camminando sempre avanti, superando la zona degli alloggi della servitù e delle guardie, si raggiungono il Teatro Marittimo, le PIccole e le Grandi Terme ed infine la zona penso più famosa di questa villa, presente su mille cartoline, ovvero la zona della vasca del Canopo, con le sue statue di Marte, le Cariatidi e persino di un coccodrillo. Ovviamente non mi sono limitato a procedere dritto, ma mi sono avventurato su percorsi secondari, vedendo quindi anche la zona degli ospiti, la Piazza D’Oro, la sala dei Filosofi, gli Hospitalia… tutti ruderi che ancora conservano tutta la maestosità delle architetture della villa, che non a caso è un esempio del grande ingegno romano in ambito architettonico ed ingegneristico.

Veduta del Pretorio

Qualche curiosità/informazione:

  • L’imperatore Adriano ha guidato ed amministrato l’impero romano visitandolo il più possibile anche nelle zone più lontane, e questo risulta nella stessa villa: la zona del Pecile rappresenta il “portico dipinto” nell’agorà di Atene (città che lo stesso imperatore adorava); il zona del Canopo rappresenta invece il tempio di SErapide presso la città egiziana di Canopo; Rocca Bruna invece è una zona sopraelevata da dove si poteva avere una stupenda visuale dei dintorni della villa e soprattutto veniva utilizzata anche per osservazioni astronomiche, altra passione del proprietario; lo stesso Teatro Marittimo era una specie di eremo solitario, con ponti attivabili solo dall’interno e quindi usato dall’imperatore nel caso volesse rimanere da solo. Insomma, Adriano era un colto viaggiatore, appassionato di cultura, arte ed architettura e si costruì la villa Adriana proprio per assecondare ogni suo gusto e passione.
  • secondo le cronache, Adriano non fu mai innamorato di sua moglie, che sposò soprattutto per la sua carriera politica, ed ebbe invece una irresistibile passione per il giovane Antinoo, che portò con sè in molti suoi viaggi e morì per cause misteriose affogato nel Nilo a soli 19 anni. Dico “irresistibile” perchè la morte del giovane fu un durissimo colpo per l’imperatore: non solo gli dedicò innumerevoli statue e persino una città, ma arrivò addirittura a divinizzarlo. Nel corso dei secoli, il loro rapporto divenne una delle più famose rappresentazioni di coppie omosessuali presenti nell’intera storia LGBT, citato per esempio anche da Oscar Wilde.
  • alla morte di Adriano, il successore adottato ufficialmente poco prima di morire Antonino Pio terminò il suo monumento funebre. La struttura in questione è stata continuamente modificata nel tempo ed adesso forse la conoscete come Castel Sant’Angelo.
  • La meravigliosa Villa D’Este deve moltissimo alla villa Adriana… forse anche troppo, visto che Pirro Ligorio, che progettò la villa del cardinale Ippolito d’Este, fu il sovrintendente agli scavi di Villa Adriana nel 1549 e da quest’ultima presa moltissimi materiali per completare villa d’Este.
  • l’indirizzo di Villa Adriana è Largo Marguerite Yourcenar, 1. E’ presente un parcheggio a pagamento, valido per tutta la giornata, di 3 euro. Quindi se la raggiungete in macchina non avrete problemi per un parcheggio, anche se personalmente ne ho trovato uno gratuito in una delle vie poco prima di raggiungere la villa.
  • L’ingresso costa 5 euro e si entra dalle 8:30 alle 18:30, con ultima uscita alle 19:30. E’ possibile acquistare, con il biglietto, anche un’audioguida al prezzo di 5 euro e mi sento di potervi consigliare questo acquisto. Non che i cartelli in giro manchino e non siano esplicativi, ma secondo me fare la visita con “un esperto” permette di godere al meglio il tutto.
  • e’ un posto davvero a misura di visitatore: ci sono diverse zone alberate ed ombrose, tra olivi centenari e cipressi, diverse panchine dove potersi fermare e cestini dove poter buttare l’immondizia. Per non parlare delle fontanelle, presenti a distanze ragionevoli l’una dall’altra (credo ogni 100 – 150 metri) e che mi hanno personalmente permesso di non soccombere al caldo estivo. Ho avuto giusto qualcosa da ridire sulla vigilanza interna, visto che sono stato testimone di una scena classica di maleducazione (genitori che invitavano bambini ad arrampicarsi su delle piccole colonne) ma una volta che ho segnalato la faccenda all’ingresso mi è stato assicurato che la vigilanza è presente ed è composta da almeno 15 persone, ma la zona è così grande che ovviamente non possono sempre intervenire in tempo.
  • Ultimo ma non ultimo… la mia personale sorpresa giornaliera. Di solito me la prendo con i bambini che fanno casini, che sporcano, che rischiano di rovinare i monumenti, eppure stavolta mi sono dovuto ricredere: una bambina di circa 10 anni ha letteralmente trascinato via un genitore che stava oltrepassando una recinzione per fare chissà cosa quasi urlandogli “Non si fa!”. Bene, c’è speranza per il futuro XD

Consigliato: SI. Fa parte del patrimonio mondiale dell’Unesco (anche se è in “forse” a causa della gestione della stessa Tivoli), è un magnifico esempio dell’epoca romana e della sua grandezza ed è perfetta per una giornata libera ed artistica. Consiglio solo di visitarla in periodo primaverile/autunnale, perchè sebbene come detto è abbastanza ombrosa, dove gli alberi non possono essere presenti diventa un forno ^^”

Alla prossima!

A spasso per… il Lazio: Ostia antica (ciò che resta di una volta ricca città senza più mare e fiume)

Ennesima prima domencia del mese, quindi ennesima possibilità di poter andare a vedere qualche luogo d’arte gratuitamente. La mia prima scelta purtroppo ho dovuto rimandarla perchè era fortemente voluta anche dalla mia solita compagna di avventure A. che però era impossibilitata per alcuni problemi personali, quindi dopo una breve ricerca ho trovato un’altro posto visitabile e a me sconosciuto: Ostia antica. Ero poco fiducioso di trovare un accompagnamento, ma ho comunque fatto un tentativo tra i miei amici. Nessuna risposta. Ma il fato mi ha sorpreso in serata: G. chiede se può ancora unirsi a me per l’esplorazione. Sorpreso e ben lieto, ci siamo dati appuntamento al “solito posto” per le 10 e siamo arrivati ad Ostia antica verso le 10:40. Trovato un comodo parcheggio, abbiamo prima cercato di dare un’occhiata la borgo di Ostia antica, ma nella basilica di Sant’Aurea stavano celebrando una messa ed il castello di Giulio II purtroppo era in restauro, quindi chiuso. Non abbiamo perso altro tempo, ed io con il mio cappello da esploratore e G. con i suoi occhiali da Sole abbiamo affrontato la bella (e rovente) giornata e siamo entrati nel parco archeologico di Ostia antica.

Antichi magazzini

La leggenda narra che l’antica Ostia sia stata fondata addirittura dal quarto leggendario re di Roma Anco Marzio, per sfruttare le saline della foce del Tevere. Inizialmente l’insediamento aveva una funzione per lo più militare, per il controllo della foce del fiume e della costa laziale, poi all’incirca dal II° secolo d.C. in poi, quando Roma aveva ormai il pieno ed incontrastato controllo del Mediterraneo, diventò il principale emporio commerciale della città. Il suo porticciolo fu ampliato, con la costruzione di un porto più a nord della foce del fiume (dove si trova Fiumicino), la città raggiunse addirittura i 50000 abitanti e fu dotata di edifici che erano direttamente ed indirettamente collegate alle attività economiche della città, come case per i lavoratori e negozi, oltre alle terme, il foro ed un teatro. La sua ricchezza durò all’incirca fino alle fine del III° secolo d.C., poi perse di importanza e dopo un lento declino la città venne abbandonata.

Mosaico del tempio di Nettuno – il dio dei mari in tutta la sua magnificenza

L’ingresso dell’area archeologica inizia con la necropoli, ovvero il cimitero poco fuori le mura. Vengono in supporto numerosi cartelli posti lungo la via principale, che spiegano la funzione del posto e che quindi aiutano a farsi un’idea di rovine che a prima vista non sono molto distinguibili da molte altre. Superato ciò che resta della Porta Romana, si entra all’interno della città vera e propria. Percorrendo il decumano massimo, è possibile vedere ciò che resta degli edifici principali, come i magazzini, le insulae (dove abitavano i lavoratori delle varie corporazioni commerciali), il tempio di nettuno per poi arrivare al bellissimo teatro, che a giudicare dalla impalcature fin troppo recenti deve essere usato ancora adesso. Ed il tutto con numerosi mosaici, raffiguranti divinità marittime e fluviali, imbarcazioni commerciali e simboli raffiguranti l’attività dell’abitazione. Compreso nella giornata anche la visita al museo all’interno del parco archeologico. Niente di indimenticabile, ma una piccola e buona esposizione di sarcofagi e statue in marmo raffiguranti personaggi storici e mitologici.

Teatro di Ostia Antica. Ancora in uso, a quanto pare

Qualche curiosità/ informazione/ riflessione sul posto e sulla giornata:

  1. il fatto che la città si trovasse vicino alla foce del fiume non è un caso: Ostia deriva dal latino ostium ovvero “imboccatura”
  2. non ne sono certo, ma credo che Ostia antica, insieme a POmpei sia uno degli scavi archelogici più grandi del pianeta. E considerate che quello che si può vedere è solo il 40% di quello che è stato dissepolto.
  3. piuttosto facile raggiungerla. Una volta sul Grande Raccordo Anulare, la segnaletica è abbastanza chiara. L’indirizzo preciso è via dei Romagnoli 717.
  4. l’ingresso costa 10 euro (ridotto 5) ed apre dalle 8:30 fino ad un ultimo ingresso che va dalle 15:30 (la chiusura più breve del periodo autunno/inverno) fino alle 18:15 (La chiusura più lunga del periodo primavera/estate). Per visitarla io e G. ci abbiamo messo circa 3 ore. Per ulteriori informazioni, visitate il sito
  5. Adesso cominciano le cose negative ^^” le divido in 3 parti, e premetto che magari è solo dovuto alla giornata in cui l’ho visitato io, di solito potrebbe non essere così. La prima è la manutenzione.  Prima di andare a vederla mi sono letto i commenti della altre persone che l’hanno visitato prima di me. Tutti concordano che sia un posto di alto interesse storico, alcuni si spingono a dire che sia una piccola Pompei (ed in un certo senso è vero) ma molti sottolineavano la presenza di una “Ostia Antica A” e di una “Ostia Antica B”. Ho capito il senso solo quando l’ho visitata. In effetti, se si segue il decumano fino al teatro, le rovine hanno una buonissima manutenzione e tutti è piuttosto pulito ed in ordine. Poi, superato il teatro e magari camminando lungo le vie laterali… l’abbandono. Erba e vegetazione incontrollata, nessun vero sbarramento per impedire alla gente di raggiungere punti in abbandono o di calpestare mosaici magari preziosi. MI rendo conto che l’estensione è grande, e come sottolineava il buon G. se chiudessero una volta arrivati al teatro non ci sarebbe molto da vedere, ma chi lo gestisce non ci fa bella figura.
  6. Poi c’è il punto vigilanza. Che durante la mia visita era completamente ASSENTE. Vi giuro, non ho visto nessuno girare per le rovine, nessuno che controllasse che la gente non salisse sui reperti (perchè scriverlo all’ingresso non basta ^^”)  o che le impedisse di superare posti sbarrati (con catene di plastica che nemmeno stavano in piedi ^^”). Mi sono anche ritrovato nella situazione di dire a qualche ragazzino di non saltare su una colonna. Anzi, ad essere sincero, una persona della vigilanza l’ho vista. Per la precisione al museo e non era così vigile.
  7. ultimo punto: la segnaletica. In realtà cartelli esplicativi della storia e dei luoghi della città erano presenti in grande quantità. Alcuni addirittura erano vicini a complessi isolati e cercavano di spiegare la funzione del posto. Allora quale è il problema? Beh… superato il teatro (ed un paio anche prima) erano ridotti così male da essere a malapena leggibili. Ed alcuni, nella “Ostia Antica B” erano anche sfondati ^^” per non parlare del fatto che era possibile pagare 2 euro alla biglietteria per avere una mappa del sito… che era uguale ad altre mappe presenti sulle segnaletiche durante il giro ^^”

Sacello dell’ara di Romolo e Remo

Consigliato? …NI. Sono combattuto. Da una parte è una piccola Pompei, ed è possibile rendersi pienamente conto della grandezza di una antica città romana al massimo del suo splendore. Ma rispetto a Pompei è paradossalmente scarna di elementi di pregio. Ci sono i mosaici, questo è vero, ma nessuna altra vera raffigurazione artistica. O meglio, probabilmente ci sono… ma essendo “Ostia Antica B” piuttosto lasciata a sè stessa non si ha moltissima voglia di perdersi. Quindi ne consiglio la visione, almeno una volta. Ma finchè non si decidono  ad affrontare i 3 punti critici da me nominati, sinceramente non mi fa venire alcuna voglia di rivederla.

Alla prossima!