Archivio mensile:novembre 2014

Dipendenza da… qualcun altro

Scrivo questo intervento anche per sfogare una insolita e per me quasi ingiustificabile carica di odio repressa. Tranquilli, non verso qualcuno in particolare, bensì contro una determinata categoria di persone: quelle per le quali la macchina è un prolungamento della propria virilità. Quelli per cui avere la macchina più grossa è sinonimo di potenza. Quelli che devono “arrivare prima” ignorando gli altri presenti per strada. Per colpa di uno di loro, alla guida di un “macchinone scuro” (scusate, di automobili non ci capisco niente ^^”), stasera per poco non finivo fuori strada e quindi dritto verso un muro. Spero possiate comprendere il mio nervosismo -_-”’

Ora che ho messo in chiaro che sono un tantino arrabbiato, arrivo direttamente all’argomento che voglio trattare.

Il vantaggio di essere una persona “introversa” viene dall’aver approfondito molto le mie sensazioni, arrivando a capirle o per lo meno a rendermi pienamente conto che a volte certe reazioni dovrebbero essere evitate o per lo meno moderate. Ciò non vuol dire che sono perfetto (tutt’altro XD) ma voglio dire che “conosco i miei demoni”. Quindi, devo ammettere che a volte mi ritrovo ad avere a che fare con i “demoni” degli altri, e se mi è possibile (e loro me lo permettono… non sono invasivo, anzi ho sempre paura di disturbare) magari cerco di essere loro d’aiuto.

Ma a volte mi dimentico di una cosa fondamentale: non si può aiutare chi non vuole aiutare sè stesso. Lo so, è una frase contorta… ^^”

In questo periodo sto avendo a che fare con una persona che mi ha incuriosito non poco, soprattutto per determinati modi di fare che non riesco pienamente a comprendere. Questa giovane donna/ ragazza ha un modo di porsi, di approcciarsi alle persone e agli eventi che le succedono in maniera quasi randomica. In generale è una persona simpatica. Ma c’è una cosa che ho riscontrato subito in lei, un brutto “demone” che credo lei stessa non abbia pienamente compreso. Ovvero, quello che ho riscontrato in altre donne conosciute nella mia vita e che ho sempre chiamato “dipendenza da qualcun altro”.

(e sfogliando wikipedia… quindi senza presunzione che sia vero, visto che non sono un medico/psicologo… viene chiamata codipendenza)

I “sintomi” sono gli stessi: nervosismo/ansia quando si rimane da soli, improvvisa iperattività quando si sta con determinate persone, totale o quasi noncuranza dei propri bisogni… e più semplicemente la NECESSITA’ di avere qualcuno a cui appoggiarsi, anche a costo di diventare dei zerbini.  Queste persone, soprattutto se sono donne, fanno scattare inizialmente in me l’animo da “cavaliere al salvataggio”. Mi viene spontaneo cercare di aiutarle, perchè molte persone in realtà avrebbero tantissime cosa da mostrare al mondo, se avessero qualcuno che le sproni a “mostrarsi” agli altri.

Questa ragazza di cui vi parlavo in realtà si rende conto che ha “un problema”, ma non lo giudica così importante. Anzi… “[…]da quando affezionarsi a qualcuno è sbagliato?” Ho cercato di farle capire il sottile limite tra affezione e dipendenza, ma non mi ha creduto. Ed oggi ho avuto la conferma: prima dice di non voler vedere una determinata persona (mostrando sintomi quali forte ansia, voglia di non rimanere sola), raccontandomi che si tratta di una specie di ex e di averlo lasciato, quindi “spingendomi” a rassicurarla della mia presenza nella stanza almeno finchè non arrivava qualcun altro. Poi mi allontano, anche perchè anche io ho qualcosa da fare in quel momento. Quando sto per tornare a casa, quindi prendendo la mia auto, noto la suddetta e la persona “temuta” abbracciati stretti come fidanzatini. E mi sono tornati in mente tutte le chiacchiere con le quali mi ha riempito la testa… non ero arrabbiato, solo deluso.

Capisco che l’amore sia una forza potente. Anzi, forse la più potente che esista. E capisco anche i suoi effetti possono essere inebrianti e portare ad una sottile ed innocua dipendenza. Ma quello che non capisco è l’arrivare a sentirsi vivi solo tramite un altro. Non è… degradante? Come puoi amare (o pensare di amare) qualcuno senza sapere che prima di tutto devi amare te stesso?

Vi lascio con un esempio felice, che rasserena anche me e che fa concludere questo intervento senza nè capo nè coda: in tv trasmettono “Rocky Balboa” e mi rendo conto che rappresenta perfettamente il pensiero che cercavo di esprimere. Una delle cose che ho sempre amato della saga di Rocky è l’amore tra lui e Adriana. Si amano in maniera a tratti quasi viscerale, sembra quasi che nessuno dei due si senta completo senza altro. Eppure sono due personalità ben distinte, consapevoli del proprio valore (anche se sono arrivati a scoprirlo per gradi… ma nessun grande successo è immediato). Adesso Rocky si ritrova a vivere senza la sua adorata moglie, e la rimpiange ogni giorno… ma non per questo ha smesso di vivere. La sua vita continua. Forse non si sente “speciale” come quando il suo amore era al suo fianco, ma sicuramente sa di essere “qualcuno”. E nessuno gli toglierà questa consapevolezza.

Tutti dovrebbero avere questa consapevolezza. Io stesso me la sto costruendo… e fatico come non mai. Ma è una battaglia che DEVE essere vinta.

Va bene, la smetto che è meglio ^^”

Alla prossima!

 

Certe cose te le devi guadagnare

Certe cose te le devi guadagnare. Anche se ancora non lo sai.

Devi raggiungere un posto dove non sei mai stato che dista più di un ora da dove abiti. E non deve piacerti guidare. Ma essere l’unico dei 3 in macchina disponibile.

Devi guidare in un giorno dove pioggia e vento fanno a gare a chi è più forte.

Devi non riuscire a vedere a più di un metro da te, e quindi essere costretto ad andare a 20 km/h, se non meno.

Devi renderti conto che le strade sono strette e fanno schifo… e magari incappare in un tratto completamente allagato, che trasforma la tua auto in una barca.

DEvi pregare il cielo che la macchina non si spenga in mezzo alla “traversata da traghetto”, anche perchè fuori c’è ancora il diluvio e sarebbe MOLTO complicato farla ripartire.

DEvi raggiungere la casa in campagna del tuo amico, e renderti conto che la compagnia è varia ed eterogenea, che sono anche simpatici, ma lo spazio è ristrettissimo e la gente aumenta sempre di più. E a te non deve piacerti la “folla”.

Devi conoscere due ragazze vegane, e farti salire l’irritazione perchè nonostante la tua buona educazione riescono a darti indirettamente dell’assassino e più direattamente del malato solo perchè mangi carne.

Devi renderti conto che c’è tutto tranne l’acqua.

Devi cominciare a sentirti vagamente male perchè tutti stanno fumando canne e lì dentro si è creata una cappa e tu non riesci più a respirare.

… e alla fine devi uscire fuori verso mezzanotte, sfidando il freddo senza la tua giacca che ancora non sei riuscito a trovare dall’inizio della festa.

Non piove più. Le nuvole si sono diradate. Non ci sono luci, a parte quelle dall’interno della casa. Ed un IMMENSO manto di stelle sopra la tua testa, di una quantità e luminosità tale che non ti capitava di vedere da anni.

“[…] tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ‘l ciel, per un pertugio tondo;
e quindi uscimmo a riveder le stelle.”

Sentirsi Dante all’uscita dell’Inferno, anche se solo per qualche istante… non ha prezzo.

Alla prossima!

Dall’altra parte del telefono (chi ascolta)

Piccola premessa: mi permetto di scrivere quello che segue perché faccio parte della prima voce della categoria che sto per scrivere, quindi come soggetto più adatto.

Mi stancano enormemente le persone che chiamano per telefono cercando di venderti qualcosa. Anche perché, a pensarci bene, io personalmente se non ho di fronte una persona in carne ed ossa che mi spiega per filo e per segno l’offerta non mi fido molto. Capisco quindi la “poca fiducia” delle persone.

Siccome ho comiciato da pochissimo a lavorare, mi hanno fatto partire dal livello più basso, ovvero il sopracitato “telemarketing”. In realtà è un riempitivo del lavoro vero e proprio (lo si fa quando si ha tempo libero la mattina e per massimo un paio di orette, e di solito si fanno una cinquantina di chiamate molto rapide con al massimo un risultato incoraggiante, se va bene). Non mi entusiasmava per niente, ma ho preso questo incarico comunque con professionalità, consapevole che avrei parlato a titolari di negozi e con la speranza di migliorare la mia parlantina con estranei.

Lo schema è il seguente: presentazione, dichiarazione del motivo della chiamata,  domanda all’ascoltatore se è in possesso di una polizza per la Responsabilità Civile e Furto, possibilità o meno di portare un preventivo. Tutto questo nell’arco di ( al massimo) un paio di minuti. Niente di invasivo. Quindi,  dopo una mattinata di tentativi, ho potuto distinguere 3 diversi tipi di interlocutori:

1) i gentili: è una categoria adorabile, perché sono disponibili all’ascolto attivo, usano toni tranquilli ed in generale riescono a far pesare meno un lavoro potenzialmente scocciante come il tuo. Ti permettono di esporre quello che proponi, a volte ti fanno domande ed in generale, anche se rifiutano, lo fanno con estrema educazione. Si rendono conto (almeno credo) che è questione di pochissimi minuti, quindi sono anche pazienti.

2) i civili: rappresentano la stragrande maggioranza delle persone che rispondono al telefono. Il loro ascolto è di tipo passivo (ovvero ti lasciano parlare ma in realtà non ti stanno veramente dando considerazione) e di solito rifiutano. Il loro tono è vagamente irritato ma i toni rimangono comunque civili. Ti dispiace di averli chiamati, ma il lavoro è il lavoro (da entrambi i lati della cornetta)

3) gli stronzi: grazie al cielo sono pochissimi (durante le mie brevissime chiamate ne ho incontrati 3) ma sono riusciti a snervarmi l’anima. Non possiedono il minimo ascolto e a volte o ti attaccano il telefono mentre stai ancora parlando oppure una volta finita la presentazione ti urlano addosso neanche fossi un criminale. Uno di loro è stato ai limiti del “genio del male”: mi fa rimanere in attesa, chiedendomi di attendere 1 minuto, quindi avendo il telefono ancora in mano riesco comunque a sentire quello che viene detto dall’altra parte… e naturalmente me ne ha dette di tutti i colori, dandomi (pur non conoscendomi minimamente) del parassita, del coglione e mettendosi poi a ridere con un’altra persona. “Torna” al telefono dopo 5 minuti buoni, quindi mi dice che non gli interessa NULLA e mi chiude il telefono in faccia.

Qualcuno di voi che mi legge potrebbe obiettare che a volte i negozianti sono impegnati… al che vi chiarisco che le nostre chiamate sono velocissime e nel caso chiediamo a coloro che sembrano interessati un appuntamento dove e quando sono più comodi. Qualcun altro potrebbe dirmi che a volte potrebbero trovarsi in situazioni tali da essere o sommersi dal lavoro o da chiamate telefoniche come le mie ma fatte da persone più moleste… al che replico che è una semplice questione di educazione.  Siamo persone civili, entrambi stiamo lavorando ed io stesso sono il primo a voler essere il più rapido possibile. Una volta che capisci le mie motivazioni e ti rendi conto del mio non voler essere molesto… cosa ti costa essere un minimo comprensivo? Puoi anche volermi liquidare con rapidità, perché non hai tempo… ma lo puoi fare con toni tranquilli pur essendo irremovibile.

Quindi la prossima volta che qualcuno vi chiama al telefono per proporvi qualcosa… anche se non vi interessa, cercate almeno di immedesimarvi nei panni di chi vi chiama (se è una persona educata).

Alla prossima!