Si svegliò, e come ogni mattina non sentì alcun rumore. Erano anni ormai che il suo risveglio anticipava di almeno una ventina di minuti il canto del gallo. Rimase sdraiato, con gli occhi aperti, per una decina di secondi. Giusto il tempo per abituarsi all’oscurità. Poi con una certa scioltezza spostò i piedi da sopra il suo spartano letto a terra, e rimase seduto in quella posizione. Un grande sbadiglio, quindi la mano destra si portò sul viso per grattarsi la barba. Un sospiro, quindi si alzò in piedi.
"10 spade… 5 scudi… 3 elmi. Devo sbrigarmi. Altrimenti… non ci sarà nessuna giostra questo pomeriggio."
C’è una sottila ironia nel suo dire. Serio, indossa i suoi abiti da lavoro, sporchi e in parte bruciacchiati, e prima di uscire dalla stanza aprì la finestra della sua camera per far entrare un pò d’aria fresca. Entrato nella sala principale, subito si avvicinò alla forgia. Sistemato il carbone, cominciò a riscaldarlo. Mentre aspettava, si avvicinò ad un mobiletto vicino, dal quale prese una fetta del pane del giorno prima e un sottile strato di formaggio, e così fece colazione. Quando finì di mangiare, il gallo finalmente diede inizio alla giornata. Hector sorrise tra sè, mentre si batteva le mani per togliersi le molliche, quindi prese il mantice e soffiò nella forgia per accelerare il processo di riscaldamento. Diversi minuti, mentre al soffiare lento ma costante si unirono altri rumori, tutti dall’esterno: la porta della casa della levatrice, sempre la prima dopo di lui a svegliarsi, quindi il fischiettare del macellaio come ogni volta che si apprestava ad aprire bottega. SEmpre lo stesso, da anni. Era consolante. Lo rendeva tranquillo. In questi giorni i rumori erano anche più del solito. La città era grande abbastanza da poter ospitare un torneo cavalleresco, e quindi era tutto un via vai di uomini in armatura, di cavalli, di nobiltà. Per lui, era solo altro lavoro. E qualche corona in più da mettere da parte.
"…ma non vedrò nulla se non mi dò da fare"
I pensieri ti interruppero, proprio quando la fiamma ormai era ben viva. Illuminava persino la stanza buia. Prese i pezzi di ferro, e li depositò sulla forgia in attesa che il metallo grezzo si riscaldasse a sufficienza. Quando il pezzo informe raggiunse una colorazione giallognola, Hector portò il metallo sull’incudine. Mentre con una tenaglia teneva fermo il ferro arroventato, con il martello cominciò a colpirlo con una certa cadenza. Lo sguardo concentrato sul lavoro. NOn si concesse più nemmeno il tempo per pensare, vista la mole di lavoro che lo attendeva.